• Home
  • L’umami, il quinto sapore che non ti aspetti

L’umami, il quinto sapore che non ti aspetti

Approfondimenti·Extra·Locali
alimenti vegetali sapore umami
Il segreto per una cucina vegetale ricca di sapore

 

Se vi chiedessero che cos’è l’umami sapreste rispondere? Qualche giorno fa ho postato un sondaggio su Instagram e molte persone mi hanno risposto di non sapere cosa fosse.

L’umami è il quinto sapore e significa letteramente “sapore delizioso”. Conosciamo bene gli altri 4 sapori: dolce, salato, acido e amaro, ma riusciremmo ad identificare l’umami? Dopo la lettura di questo breve approfondimento, spero di sì.

Perché ritengo l’umami così importante da dedicargli un articolo? Il passaggio ad un’alimentazione principalmente vegetale è faticoso, dobbiamo rinunciare ad alcuni cibi che amiamo e appartengono al nostro contesto culturale e personale. In questo cambiamento ci vengono in aiuto cibi che spesso nemmeno conosciamo, alimenti che, se utilizzati sapientemente in cucina, possono rendere i nostri piatti succolenti e farci scoprire nuovi gusti.

Dario Bressanini e Michael Pollan precisano di fare attenzione a non confondere i sapori con il gusto. Il gusto è una sensazione molto complessa alla quale contribuiscono recettori come l’olfatto, la piccantezza e l’astringenza, la temperatura, i colori, la consistenza, la forma e il rumore. A fronte di 5 sapori fondamentali, abbiamo molte sensazioni che aiutano a definire il nostro gusto.

tabella dei sapori con esempi di alimenti associati

L’umami è stato scoperto in Giappone nel 1908 dal chimico Kikunae Ikeda. Durante i suoi esperimenti scoprì che “i cristalli bianchi che si formano sull’alga kombu essiccata contenevano grandi quantità di glutammato e avevano un sapore indefinito” (cit. Michael Pollan). In Occidente il quinto sapore è diventato ufficiale solo nel 2001.

Oggi molti di noi conoscono l’alga kombu, per lo più utilizzata nella cottura dei legumi e con la quale si  prepara il dashi, un brodo millenario giapponese che contiene tutti i componenti chimici essenziali che conferiscono il sapore umami. Ci sono 3 molecole che contribuiscono alla percezione dell’umami nel brodo: il glutammato (alga kombu), l’inosina (pesce Bonito affumicato con cui si prepara il Katsuobushi) e la guanosina (funghi shitake secchi).

In quali altri cibi si può trovare l’umami? Nei pomodori maturi o secchi, nel parmigiano o nei formaggi stagionati, nelle acciughe, nei funghi secchi e in molti cibi fermentati come la salsa di soia o la pasta di miso. Pensate ad ognuno di questi cibi e a quante volte li avete utilizzati in cucina per preparazioni gustose.

“Anche il latte materno è ricco di questo particolare sapore e si pensa lo sia per ragioni evolutive. Il glutammato è un nutriente importante per la crescita del bambino, così come lo sono gli zuccheri. In secondo luogo questo aminoacido è anche un combustibile cellulare e un’unità costruttiva preziosa per lo stomaco e l’intestino del bambino. L’umami è quindi insieme al dolce uno dei primi sapori incontrati dal bambino nel latte materno.” (cit. Michael Pollan)

Ho scoperto l’umami leggendo il libro “Cotto” di Micheal Pollan. Il giornalista statunitense inizia a parlare di umami partendo dal racconto della preparazione di un fondo di cucina con cipolla, carote, sedano per un brasato. In questo caso la cottura prolungata permette alle proteine di degradarsi diffondendo nel fondo o nel brodo gli aminoacidi che concorrono a creare il sapore delizioso. Lo stesso processo avviene per molti alimenti fermentati, secchi o maturi ricchi di umami.

Nel 1982 nasce l’Umami Information Center con lo scopo di diffondere la cultura di questo sapore. Il sito dell’organizzazione riporta tra i vegetali che contengono glutammato anche gli asparagi, i broccoli, le barbabietole e le già citate cipolle.

tabella in cui sono descritti i cibi umami

Come possiamo definire il sapore umami? Non è un sapore veramente riconoscibile, non sa di qualcosa in particolare e lo percepiamo solo in un secondo momento dopo la deglutizione. Possiamo provare a descriverlo attraverso tre caratteristiche principali: si diffonde in modo omogeneo sulla lingua ( non su un punto preciso come gli altri sapori), è persistente e prolungato e favorisce la salivazione. L’umami altera anche la consistenza dei cibi. Come sostiene Michael Pollan: “Se si aggiunge l’umami a una zuppa, chi l’assaggia dirà di trovarla non solo più sostanziosa ma in realtà anche più densa […] fa apparire meno simile all’acqua e più simile al cibo”.

Nella cucina occidentale spesso l’umami è stimolato insieme al gusto salato, e supportato dalla presenza di grassi animali. Questo fatto può aver ritardato la sua accettazione come sapore indipendente dagli altri.” (cit. Dario Bressanini). Secondo l’Umami Info Center è possibile utilizzare fino al 30% in meno di sale per avere la stessa palatabilità (gradevolezza al gusto).

Vi invito a scoprire tutti i cibi che contengono naturalmente il glutammato e le altre molecole che compongono l’umami al link dell’Umami Information Center.

Provate la zuppa di miso con la ricetta [link] che trovate sul blog e ditemi cosa ne pensate e “Share umami with the world!” (cit.)

 

FONTI

Michael Pollan, “Cotto”, 2013, Adelphi Edizioni.

Dario Bressanini, “La Scienza delle verdure”, 2019, Gribaudo.

Dario Bressanini, “Pomodori al glutammato”, 2008, Le Scienze Blog [link all’articolo]

Umami Information Center [link]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Informazioni sull'autore

Potrebbe interessarti anche

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi