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Siamo spiacenti ma non siamo riusciti a trovare la risorsa richiesta. Forse potrebbero interessarti i nostri prossimi eventi, i locali recensiti da Vitadasani o le nostre squisite ricette

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Il nostro tour di Milano inizia da Porta Venezia, uno dei quartieri più vivi di Milano dal punto di vista culturale, etnico e sociale. Conosciuto dai turisti per lo shopping di Corso Buenos Aires, vissuto dalla più grande comunità Eritrea/Etiope d’Europa e frequentatissimo dalla comunità LGBT. Ad accogliervi all’uscita del Metro troverete un grande arcobaleno che ci ricorda che è P.ta Venezia è anche uno dei punti di riferimento del Gay Pride. Oggi possiamo definirlo il quartiere vegan-friendly per eccellenza, sede di famosi locali che l’hanno reso un punto di riferimento per vegani. Non è un caso che la nostra esplorazione inizi proprio da qui.

Porta Venezia è stata la mia prima visita guidata a Milano sullo stile Liberty. Ad accompagnarci c’era Silvia Galasso, una guida turistica molto preparata che mi fece letteralmente innamorare del quartiere. Non l’avevo mai visto con quegli occhi, non avevo mai ammirato in modo consapevole la bellezza dei suoi palazzi o semplicemente non l’avevo mai cercata con il naso all’insù.

Tour di Porta Venezia

Dopo quella visita ho ritrovato Silvia Galasso, in arte Giuppy guida, la seguo spesso nei suoi fantastici tour milanesi. Oggi ha gentilmente contribuito con la sua conoscenza a portarci in questo piccolo tour di quartiere.

Il quartiere nasconde bellezze legate alla storia che Silvia ha descritto brevemente per noi e che trovate nelle foto in questo Reel su Instagram [link]

Le origini
Dovremmo chiamarlo sestiere di Porta Orientale, perché la divisione medioevale della città di Milano era in sei “spicchi” e quello che ora corrisponde al quartiere è posto nella zona est. Ma la porta delle mura medioevali era all’altezza dell’incrocio di Corso Venezia con la via Senato da un lato e San Damiano dall’altro. Quella che attualmente chiamiamo Porta Venezia era l’apertura delle mura spagnole costruite nella seconda metà del Cinquecento, qui finiva la città e appena all’esterno la prima costruzione che si poteva vedere era quella del lazzaretto.

Il lazzaretto era stato edificato tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento e possiamo ricostruite la sua estensione grazie alla forma e ai nomi delle attuali vie: era compreso tra via Vittorio Veneto, Corso Buenos Aires, via San Gregorio e via Lazzaretto. Era un grande quadrato, di circa 370 metri di lato, con le stanze collocate nella parte esterna e all’interno un grande prato con al centro la chiesa di San Gregorio. La chiesa è ora dedicata a San Carlo perché fu lui nel 1585 a commissionare a Pellegrino Tibaldi l’edificio che ora possiamo ammirare.

Sopravvive pochissimo della struttura del lazzaretto: all’interno del cortile di Palazzo Luraschi (corso Buenos Aires 1) una parte del colonnato, che è stato impreziosito dai busti dei personaggi dei Promessi Sposi, e in via San Gregorio 5 alcune celle, dove ora ha sede la chiesa Ortodossa di San Nicola.

La trasformazione
A partire dalla fine dell’Ottocento dopo l’abbattimento delle mura spagnole e del lazzaretto, rimangono solo i caselli daziari costruiti nel 1828 da Rodolfo Vantini a segnalare l’antica porta. Il quartiere inizia ad essere costruito e tra le sue vie troviamo alcuni dei palazzi più interessanti dell’inizio del Novecento.

Lo stile Liberty è meravigliosamente rappresentato da Palazzo Castiglioni in Corso Venezia 47 e dalle case Galimberti e Guazzoni in via Malpighi 3 e 12. Un tripudio di piccoli putti che giocano non i nastri, visi femminili e rami frondosi muovono le facciate e si alternano a ferri battuti e piastrelle colorate.

Mentre degli anni successivi non si possono non nominare Palazzo e Torre Rasini all’angolo tra i bastioni e Corso Venezia progettate da Emilio Lancia e Gio Ponti tra il 1928 e il 1931 e caratterizzate da una serie di terrazze digradanti che si affacciano sui Giardini pubblici, e il Planetario Hoepli, disegnato da Piero Portaluppi nel 1930, decorato con modeste ma modernissime stelle.

Vi porto alla scoperta del quartiere in un tour che esplora i miei locali preferiti e tocca le maggiori attrazioni storico-culturali. Il percorso che vi suggerisco lo trovate nella mappa di Porta Venezia, seguite l’ordine dei principali punti di interesse. [link alla mappa]

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Tour di Porta Venezia

Scopri nella mappa [link] dedicata al nostro tour tutti i luoghi di interesse culturale e i locali vegani e veganfriendly che vi consiglio assolutamente di provare.

Il Joia, il ristorante di alta cucina vegetale nato dal genio di Pietro Leeman, da provare almeno una volta nella vita.

La cucina etnica rispecchia la multiculturalità del quartiere. Qui si trovano innumerevoli locali eritrei, io vi ho segnalato Warsà per l’ambientazione e il cibo, ma ci sono anche Asmara, Africa, Savana e altri ancora. Offrono di solito un piatto che si chiama Zighinì in versione vegetale. Riad Majorelle è gestito da due sorelle e offre uno spaccato della cucina marocchina con opzioni vegane della tradizione. Mi piace farlo scoprire agli amici e tuffarmi nel ricordo della mia vacanza marocchina.

Tra i ristoranti cinesi preferiti di sicuro c’è Lon Fon, il primo cantonese aperto in città e se arrivate presto trovate la signora che prepara la pasta fresca a mano.

Tra i migliori vegani di Milano c’è sicuramente La Colubrina, un locale inclusivo con una cucina adatta a tutti. Piatti preparati in casa con amore da mamma e figlia con opzioni crudiste e senza glutine. Hanno anche ampia scelta di pizze vegane.

Per una pausa pranzo a qualsiasi ora del giorno fermatevi alla gastronomia Radicetonda, per una cucina più gustosa con qualche variante etnica Alhambra resta per me l’opzione migliore.

Per quanto riguarda le pizzerie, la prima scelta ricade su Cocciuto, una pizza napoletana dal cornicione alto, come piace a me, e una vegana in menù che cambia stagionalmente. Anche Giolina propone una pizza napoletana, sul podio insieme alla precedente, ma dovrete accontentarvi di una marinara. Sulla stessa via, proprio di fronte invece trovate Crosta, il panificio aperto tutti i giorni e tutto il giorno dove potrete provare la pizza alla pala di giorno e quella tonda la sera. Una pizza diversa dalle altre e per mangiare trovate interessanti opzioni vegane.

Per staccare dalla vita frenetica del quartiere vi consiglio di entrare da Teiera Eclettica e prendervi del tempo per scegliere tra le tante miscele di tè da degustare sul posto o portare a casa.

Potrete invece gustare gelati vegani e dolci crudisti da Out of the Box mentre ammirate uno dei migliori esempi  liberty di palazzo Galimberti.

Tra i locali ancora nella mia lista voglio assolutamente provare Spica, un locale che offre piatti multietnici e consigliato da Ciboverso.

Tour di Porta Venezia

Ho chiesto a Silvia e altri influencer di cucina vegetale di indicarmi i loro preferiti. Scopriamoli insieme!

Silvia Galasso: Radicetonda “Prima del Covid andavo spesso a mangiare dopo le visite a Villa Necchi. Mi piace perché puoi trovare sempre qualcosa che adatto alle esigenze del momento, dalla zuppa calda, al burger, al dolcetto!”

Luisa Manfrini: “Se dovessi proprio scegliere il migliore direi La Colubrina come ricerca di gusto, ingredienti e per la qualità. Le ragazze sono fantastiche. Poi direi i falafel di NUN sono ottimi per una cena godereccia in compagnia; la e V3Raw per una merenda sana o un Chai.”
Luisa ci segnala anche Quattro Quarti torte, una pasticceria molto buona che ha qualche opzione vegana.

Cachondo vegano:  “Porta Venezia ha una parte di Movida e LGBT che è soprattutto locali in cui bere o fare aperitivo. Tra questi consiglio Lecco Milano come posto per fare un aperitivo e richiedere opzione vegana. Il mio locale preferito è sicuramente La Colubrina. Sono molto legato al posto e a Consuelo, per me è come Rifugio Romano a Roma: la trasformazione di una cucina tradizionale in chiave vegana. Si trovano sempre proposte diverse, genuine e fatte in casa. Non è l’apoteosi della cachonderia ma un pezzo di cuore.”

Giulia Giunta: “Difficile scegliere, ma come ristorante direi Joia, per me è il top del top; come etnico Warsà e Out of the Box come pasticceria: i loro dolci crudisti sono spaziali.”

Ciboverso “Il mio posto preferito è Spica dove puoi trovare piatti gourmet da tutto il mondo, prezzi medi e fanno anche aperitivi, cocktail e brunch. Ci sono altri due ristoranti eleganti con prezzi medio-alti e qualche opzione vegana, uno si chiama Immorale Osé e l’altro Cera. Ti segnalo anche Kanpai, un giapponese con una location molto curata, prezzi medi e qualche opzione vegana. Per aperitivo il migliore rimane Gesto con le tapas etniche e ricercate, buoni cocktails. Anche Barba ha opzioni vegane.”

Questo post è dedicato al mio viaggio in Basilicata, descritto attraverso i ristoranti, i luoghi e i borghi che hanno lasciato un segno nel mio cuore. Un viaggio lento alla scoperta di una terra che cambia volto repentinamente mentre la attraversi, un viaggio fatto di persone dall’animo gentile, sempre cortesi e pronte a dare consigli e a raccontare la loro Lucania.

“Paesi che sanno di aria e di terra[…] Paesi del buon vivere, cibo buono, aria sana, silenzio e luce, ritmi lenti, tracce di un passato antichissimo e tracce da costruire adesso.”

Così Franco Arminio, poeta, scrittore in cerca di meraviglia e in difesa dei piccoli paesi, riassume nelle sue parole il nostro viaggio in terra lucana. Ringrazio tutti quelli che mi hanno dato validi consigli e hanno reso indimenticabile la nostra vacanza. Mi raccomando ricordatevi di parlare con la gente del posto e soprattutto con gli anziani, vi sapranno dare consigli e raccontare storie di immenso valore!

In Basilicata si viene per assaporare le tradizioni eno-gastronomiche, per l’arte antica e moderna, per il turismo esperienzale e per godere della Natura incontaminata.

Scarica qui la miniguida portatile Viaggio in Basilicata

TERRA DI TRADIZIONI ENO-GASTRONOMICHE

I prodotti tipici sono oggi sempre più al centro dell’interesse di consumo delle esperienze di viaggio. Una cena, un assaggio di un piatto o prodotto non si riducono mai a mero gesto, ma diventano essi stessa esperienza per la comprensione di un territorio e della sua identità. Quali prodotti tipici trovate in Lucania? Il peperone crusco, ve ne innamorerete, diventerà la vostra droga e avrete voglia di portarlo a casa e farlo conoscere a tutti. I fagioli di Sarconi, il pecorino Canestrato di Moliterno, il vino Aglianico del Vulture, le fragole di Policoro, il pane di Matera, le melanzane rosse di Rotonda, la castagna Varola di Melfi, i ceci neri della Murgia, il grano Carosella, le olive infornate di Ferrandina.

Possiamo dire che il cibo, attraverso i suoi racconti, diventa non solo conoscenza di noi stessi, ma anche conoscenza di usi e costumi di altri. […] Nelle pietanze tipiche di un paese, di un popolo o di un’etnica vivono le stagioni, le usanze e i costumi che si tramandano attraverso il gusto e l’olfatto.¹

  1. Federico Valicenti, “Dalla tavola lucana al paradiso”, Edizioni Magister, 2019

I locali menzionati hanno quasi tutti offerte vegan-friendly, in generale la cucina lucana ha molte ricette vegetali della tradizione, li trovate tutti nella mappa.

Domus Otium – 📍 Atena Lucana SA.

Ai confini della Basilicata si trova un’azienda agricola produttrice di grani antichi che fa parte della Rete dei semi rurali. Dopo il Ponte alla Luna, concedetevi un pasto a circa 15 minuti di auto in questa stupenda e autentica location con camere, centro benessere e un ristorante. Pasta, pane e pizza sono preparati in casa con il grano evolutivo. Tante verdurine di contorno e come antipasto, da non perdere le patate incruscate. Il menù cambia in base alla stagione. La prima sera abbiamo ordinato per me cavatelli di grani antichi con pesto di noci e zucchine e per Andrea il ricottaro, ovvero fusilli lucani con pomodorini e ricotta. Difficilmente io torno nello stesso ristorante a breve distanza, ma per la Domus Otium ho fatto un eccezione! Infatti dovevo a tutti i costi assaggiare la loro pizza integrale: fatta in casa come una volta, a lunga lievitazione, 300 gr di impasto che assomigliano più ad una focaccia, soprattutto se farcita di sole verdure saltate. Da non perdere! I gentilissimi proprietari mi hanno regalato anche una pagnotta integrale che profumava ancora di forno.

Domus Otium Atella Lucana

Domus Otium Atella Lucana

Domus Otium Atella Lucana

Domus Otium Atella Lucana

Ristorante Luna Rossa📍 Terranova di Pollino, PZ.

Federico Valicenti non ha bisogno di presentazioni per gli abitanti del Pollino. Cuoco e cibosofo, si nutre di storie, miti e allegorie legate al cibo e trasforma ogni pietanza in una favola. La sua cucina è fatta di tradizione e di racconti, ricette antiche che si trovano su vecchi testi, come le sue lagane di mischiglio preparate con un mix di farine come da testo dei primi del Novecento. Tra gli antipasti del suo ristorante ho provato un peperone crusco favoloso, che volevo non finisse mai. E poi la mitica ciambotta ripiena di verdure di stagione, la polpetta dalla nove cose e funghi con uovo che c’è ma non si vede. Vi consiglio di ordinare un intero piatto di peperoni cruschi, non ve ne pentirete. Ho proseguito poi con lagane e sugo vegetariano: un sogno per me poter mangiare la pasta di mischiglio del maestro. Ho provato un paio di volte a prepararla a casa con ottimi risultati, ma la sua è insuperabile. Trovate qui la ricetta dei cavatelli di mischiglio [link]. 

Terranova di Pollino è un piccolissimo paese del Parco Nazionale del Pollino, piccolo e accogliente, le strade che vi arrivano non sono tra le migliori della Basilicata, ma la meta vale il viaggio. Sconsiglio di viaggiare in queste zone con il buio. La serata da Luna Rossa è finita con Valicenti seduto con noi ad incantarci con le sue storie su cibo e miti religiosi. Una serata che non dimenticherò. Se volete saperne di più, vi lascio il link del suo libro “Dalla tavola lucana al Paradiso

Ristorante Luna Rossa Terranova di Pollino Ristorante Luna Rossa Terranova di Pollino e Federico Valicenti Ristorante Luna Rossa Terranova di Pollino

 La Taverna di Zu Cicco – 📍 Maratea, PZ

Nascosto tra i vicoli di Maratea si trova questo caratteristico locale. Appese alle pareti ci sono le foto con il dottor Valter Longo e i piatti della longevità. Questo è uno dei posti in cui abbiamo mangiato meglio in zona: Crapiata materana, ovvero una zuppa di cereali e legumi che si mangia i primi di agosto per festeggiare la fine della mietitura, non solo un piatto ma un vero e proprio rito. Io ho proseguito poi con un’insalata di patate, fagiolini e peperone crusco con un cuore di cipolline in agrodolce. Difficile trovare un secondo vegano in altri ristoranti. Andrea ha terminato il pasto con una parmigianina dolce di melanzane, davvero notevole e il bicchiere di  Crithmum, il liquore di Maratea al finocchietto di mare. Ps. Le origini del nome di Maratea deriverebbero proprio da Marathus, ovvero la terra del finocchietto selvatico.

La Taverna di Zu Cicco La Taverna di Zu CiccoParmigiana dolce di melanzane La Taverna di Zu Cicco

Pasticceria Panza – 📍 Maratea, PZ

Un salto in questa storica pasticceria per provare il bocconotto di Maratea, ovviamente mangiato e approvato da Andrea.

Pasticceria Panza Maratea

Casata del Lago L’Olivia Masseria e Ristoro – 📍 Senise, PZ

Qui si viene per alloggiare e passare dei giorni in assoluto relax con vista sulla Diga di Monte Cotugno, caratterizzata da un’acqua azzurrissima. Noi ci siamo fermati per una pausa pranzo e siamo stati gentilmente accolti come due viandanti in cerca di cibo. Lo sapete che il peperone crusco arriva proprio da Senise? E infatti proprio qui ho assaggiato la miglior pasta (foglie d’ulivo) condita con il peperone crusco. La Casata del lago è anche un’azienda agricola produttrice dei famosi peperoni cruschi, che potete ordinare sul loro sito internet. Nella stagione giusta potete ammirare le distese dei campi rossi di peperoni. 

L'Oliva MasseriaL'Oliva Masseria

Panificio Larocca Annunziata📍 San Costantino Albanese, PZ

Panificio con prodotti tipici della tradizione Arberesche (albanese). Entrate e ordinate una semplice focaccia, scoprirete di non averne mai mangiata una simile. Per me focaccia con le cipolle che si sfoglia, semplicemente goduriosa.

Mivà Cioccolateria – 📍 Bernalda, MT 

In realtà una gelateria dove ho gustato il miglior gelato al cioccolato fondente della vita mia. Sapete quanto ami il cioccolato!

Mivà cioccolateria

Hotel Sassi – 📍 Matera.

Albergo diffuso, ovvero ricavato da case preesistenti e poi ristrutturati presenti in tutta la città. Una piccola esperienza che consiglio a chiunque.  Colazione ricca con focacce, frutta fresca e la scoperta del secolo: riccadolio, ovvero una focaccia a cui le nonne di un tempo aggiungevano olio e zucchero per la merenda dei più piccoli. Sotto la foto con la vista che si godeva dalla nostra camera. Chiedete una camera spaziosa.

Hotel Sassi

Panecotto📍 Matera.

Qui c’è da perdersi nella tradizione del Pancotto. Il locale è perfetto per un pranzo o cena, veloce e semplice. Pancotto in svariate maniere, piatti vegan friendly. Bruschetta crusca gigante, cialledda, pancotto a fette bagnate con brodo per Andrea e per me un’ottima zuppa di ceci e sbriciolata di peperoni cruschi.

Pancotto Matera Pancotto Materazuppa di ceci Pancotto

Fior di Cucuzza – 📍 Matera

L’unico ristorante vegetariano/vegano che ho trovato in tutta la Basilicata. In menù sono presenti piatti della tradizione e contemporanei come burger vegani o riso venere alla mediterranea. Noi abbiamo scelto i piatti tipici, ho gustato la miglior cialledda della vacanza, poi pancotto con cime di rapa, crapiata. 

Fior di Cocuzza Fior di Cocuzza

Osteria Pico📍 Matera

Si trovava casualmente sotto la nostra camera dell’albergo diffuso Hotel Sassi. Abbiamo cenato qui perché il locale è consigliato dalla guida Touring Club. All’ingresso trovate un manifesto con la ricetta del peperone crusco, è d’obbligo una foto  per poterla replicare correttamente a casa. A Matera i piatti della tradizione lucana si mischiano a quelli della tradizione pugliese, perché ci troviamo al confine. Provate il mix di antipasti, tra i quali troverete fave e cicorie, cialledda, panecotto e come primi della tradizione provate strascinati con peperoni con mollica fritta o le orecchiette con le cime se di stagione.

Osteria Pico Osteria PicoOsteria Pico Matera Osteria Pico Matera

11. Caffè Lanfranchi📍 Matera

Da non perdere il caffè leccese e l’espressino freddo suggeriti dalla nostra guida turistica Alessia Grieco di Montalbano Jonico che ci ha portati in giro per Matera in una calda mattina d’estate. Vi consiglio di prenotare visita alle 8.30 per evitare il caldo torrido.

11. Ristorante da Mimì 📍 Nemoli, PZ

Affacciato sul lago Sirino si trova questo ristorante con ampia sala che propone un menù classico con piatti di mare e montagna e alcuni pesci di lago. Qui si viene per rilassarsi e godere di qualche camminata in zona. I piatti sono quelli della tradizione di lago e montagna. La vera sorpresa del locale arriva al momento della scelta del dolce, perchè Andrea ordina un tartufo al pistacchio di Stigliano. Ebbene sì, anche in Basilicata si coltiva il pistacchio, ma la sua storia ve la racconto dopo.

Ristorante da Mimì lago SirinoRistorante da Mimì

Tenuta Lagala – 📍 Venosa, PZ

Sono felicissima di aver trascorso gli ultimi giorni della nostra vacanza in questo agriturismo. La nostra stanza è stata ricavata all’interno di un vecchio granaio, la piscina è a disposizione degli ospiti e la vista della vigna è strepitosa. Una delle migliori colazioni gustate con dolci fatti in casa, come la torta di mele e carote senza latticini (provate a chiedere al versione vegana) e succo d’uva fresco divino. La prima sera a Venosa abbiamo cenato qui. Il menù cambia ogni sera, ma ogni giorno troverte pasta fresca e artigianale. Noi abbiamo iniziato con un pane e pomodori offerto dalla casa, assaggiamo le loro pettule, ovvero palline di pasta di pizza fritte e proseguiamo con troccoli con zucchine, menta e mollica. Ottimi anche i dolci.

Se vi trovate a passare da Venosa, fermatevi al loro shop. Noi abbiamo riempito l’auto con bottiglie di vino, pasta artigianale, i migliori taralli mai assaggiati, e olio evo. Tutto davvero ottimo, ve lo assicuro!

Tenuta Lagala

Tenuta Lagala

Ristorante Pizzeria D’Avalos – 📍 Venosa, PZ

Il locale è stato consigliato da cari amici di origini lucane. E’ un ristorante molto grande, qui vengono intere famiglie a cenera soprattutto per il pesce. Noi abbiamo ordinato il pancotto, un piatto che ci ha stupito durante questo viaggio perchè ogni ristorante riesce a prepararlo in modo diverso anche se si tratta di un piatto molto semplice. Io poi ho ordinato un primo vegano di pasta fresca con crema di fave, funghi cardoncelli e peperone crusco, abbinamento favoloso. Da provare sono anche i ravioli ripieni di merluzzo e il baccalà con peperone crusco, piatto della tradizione che troverete spesso in zona.

Ristorante D'Avalos Ristorante D'Avalos Ristorante D'Avalos

Ristorante Da Peppe – Rotonda, PZ

Non l’abbiamo provato personalmente, ma è descritto in molte guide e alcune persone che abbiamo incontrato ne hanno parlato molto bene, per questo ve lo segnalo. Qui ci sarebbe da provare la melanzana rossa di rotonda, piccola e amarognola. Io l’ho portata a casa sottolio e l’ho apprezzata molto.

I dolci della tradizione

Tra i dolci della tradizione ho trovato molto interessanti e poco dolci il calzoncello ripieno di castagne e cioccolato e il raviolo ripieno di ceci e cioccolato. Sono dolci che si usa mangiare durante le feste. Uno di questi dolcetti l’abbiamo provato al Caffè 2000 di Tricarico, un posto a cui non avrei dato molta fiducia dall’esterno e invece… Anche la torta di ricotta è piaciuta molto ad Andrea. Purtroppo non ci sono dolci vegani tra quelli menzionati.

Caffè 2000 Tricarico


SPUNTI DI VIAGGIO

Negli ultimi anni la Basilicata ha avuto il coraggio e la forza di valorizzare il proprio patrimonio a partire dal suo grande gioiello, Matera. Oggi la regione non vive più solo di agricoltura e pastorizia, ma si portano all’interesse comune l’arte antica e moderna, i luoghi di culto e un nuovo turismo esperienziale, grazie alle tante attività sparse sul territorio.

“l’invito è quello di farsi coinvolgere negli variegati percorsi d’arte, cultura e natura di questa regione, conoscendone i “luoghi” ma anche le “suggestioni” che faranno del viaggio un’esperienza di cui si porterà a lungo memoria.”

Si può scegliere tra i numerosi ponti tibetani che si contendono i primati come ponti sospesi più alti o più lunghi, vedi anche Ponte di Castelsaraceno: Si può provare l’emozione di volare da Castelmezzano a Pietrapertosa con il Volo dell’Angelo o con il più vecchio Volo dell’Aquila a San Costantino Albanese.

Per arrivare alla meta bisogna entrare nei borghi, percorrerne i vicoli e godere di un panorama che si aprirà davanti a voi senza faticare troppo. L’adrenalina è garantita.

Ponte alla luna, Sasso di Castalda, PZ

La nostra vacanza inizia con una gita della mia famiglia avellinese al Ponte alla Luna. Cugini e amici sfidano la paura per superare il ponte sospeso a 102 mt di altitudine e lungo 300 mt. Il ponte è dedicato a Rocco Petrone, statunitense originario di Sasso di Castalda e direttore di lancio dell’Apollo 11 alla Nasa.

Ponte alla Luna_BasilicataPonte alla Luna_Basilicata_Andrea Ponte alla Luna_Basilicata_ritratto di famigliaPonte alla Luna_Sasso di Castalda

Il percorso delle 7 pietre. Castelmezzano/Pietrapertosa, PZ

Un vecchio sentiero contadino di soli 2 km ma con 300 mt di dislivello, collega Castelmezzano a Pietrapertosa, i due principali borghi incastonati nelle Piccole Dolomiti Lucane. Arrivate in prossimità del cimitero di Castelmezzano e con scarpe da ginnastica ai piedi godetevi questo semplice e suggestivo percorso. Sette stazioni sul percorso in cui voci registrate vi condurranno alla scoperta di miti e leggende raccontate in “Vito ballava con le streghe” di Mimmo Sammartino. Una volta arrivati a Pietrapertosa raggiungete e visitate il castello godendovi lo spettacolo delle rocce antropomorfe. Anche qui il dislivello è importante ma la vista dal castello vale la fatica.

Castelmezzano, uno dei borghi più belli d’Italia, tra quelli che ho più amato in questo viaggio. Affidatevi al sentiero 711 che si inerpica fino alla cresta da cui parte il Volo dell’Angelo e si snoda tra i versanti e le creste che cingono il centro abitato.

CastelmezzanoCastelmezzano Castelmezzano Castelmezzano Castelmezzano Castelmezzano

Pietrapertosa, andateci per il castello e le guglie d’arenaria e le rocce antropomorfe che lasciano sfogo alla fantasia.

Parco Naturale Gallipoli Cognato delle Dolomiti Lucane.

Il sito archeologico di Monte Croccia con il complesso megalitico di Petra de la Mola si trova all’interno della Riserva Antropologica di Gallipoli-Cognato. Dal sentiero 705 parte il trekking che porta alla visita del complesso e della città fortificata di Croccia, una piccolissima Stonehenge. Da qui c’è anche un belvedere sulle verdi Dolomiti. E’ incredibile i passaggio repentino dei paesaggi di Natura in Basilicata. Si passa dai toni dorati dei campi di grano, al verde intenso delle montagne. Molto vicino al sito archeologico si trova il centro della Riserva dove c’è un punto ristoro, il centro informazioni e un giardino botanico.

Nelle vicinanze si trova anche Accettura, il paese del Maggio, ovvero un rito arboreo durante il quale un tronco di cerro alto trenta metri e la cima di un agrifoglio vengono uniti e innalzati in paese, per poi essere scalati in una sorta di competizione.

Del Parco fanno parte anche le già citate Piccole Dolomiti Lucane.

Trekking al Giardino degli Dei nel Parco Nazionale del Pollino.

Il Parco Nazionale del Pollino è il più grande d’Italia con i suoi 192 mila ettari divisi tra Calabria e Lucania. Avevamo già in parte visitato il parco l’anno prima nella nostra vacanza in Calabria [link all’articolo]

Il nostro trekking organizzato inizia con un ritrovo a La Catasta del Pollino, un centro parco ecosostenibile che mira a promuovere il territorio attraverso una rete di collaborazioni. Il caratteristico edificio ricoperto di legna include un’area espositiva, una cucina con bottega che valorizza i prodotti e i piatti tipici, una libreria. E’ il luogo d’incontro delle guide ufficiali del Pollino.

Parco Nazionale del PollinoCatasta di PollinoCatasta di Pollino

I sentieri nel Pollino non sono segnalati molto bene e dal mio punto di vista meglio appoggiarsi ad una guida locale, anche perché vi saprà raccontare tante curiosità sul parco istituito solo nel 1993. Siamo partiti da Colle Impiso (1560mt), con noi la guida Francesco Sallorenzo che lentamente ci introduce, ci accompagna e ci scorta alla scoperta della montagna e delle sue storie. Ammiriamo le vette più alte dell’Appennino meridionale dai Piani del Pollino: Serra Dolcedorme (2267mt), Monte Pollino (2248mt), Serra del Prete (2181 mt), Serra delle Ciavole (2127 mt), Serra del Crispo (2053 mt).

Dopo alcune ore di cammino abbiamo varcato la grande porta del Pollino salutando i primi Pini Loricati, simbolo del parco, qui soprannominati “i due gendarmi” perchè sembra che siano a guardia della montagna e siamo poi entrati nel Giardino degli Dei.

Lo scorso anno avevamo incontrato i Pini Larici nel parco della Sila, e ora conosciamo da vicino i Pini Loricati. La loro corteccia ricorda la corazza dei legionari romani o la zampa di un elefante. Per me questo trekking è valsa l’intera vacanza, anche perchè la stessa sera abbiamo cenato da Luna Rossa e conosciuto Valicenti. Una giornata che non dimenticherò.

Sul Pollino si possono praticare anche tante attività sportive outdoor: trekking e rafting, torrentismo e canyoning, arrampicata e free climbing, mountain bike e turismo equestre, sono solo tra le principali. Ricordo ancora l’esperienza dell’anno prima, quando sconfinammo dalla Calabria in Basilicata per provare l’esperienza di Aquatrekking a Viggianello, ovvero camminare controcorrente in mezzo al fiume con delle particolari tute da pescatori.

Vi consiglio di fare tappa a Rotonda e usarla come punto d’appoggio se volete passare qualche giorno sul Pollino. Perchè Terranova è un bellissimo paesino, vivace di sera, purtroppo però è scomodo da raggiungere. Però dovete andarci per provare il ristorante Luna Rossa!

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Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri.

Il più giovane dei parchi lucani, istituito nel 2007, il parco comprende una vasta area ed è possibile praticare trekking, mountain bike, arrampicata e tante altre attività. Questo è il territorio di due eccellenze gastronomiche Lucane: il formaggio Canestrato di Moliterno e le tantissime varietà di fagioli di Sarconi.

Grumentum è un’area archeologica ben conservata ma ahimè, tenuta malissimo. Pensate che una delle guide turistiche è ora a sorveglianza del luogo per mancanza di fondi.

Il Santuario del Sacro Monte di Viggiano si trova a 1725 mt e conserva da maggio a settembre la Madonna Nera. Una processione che parte da Viggiano e arriva al Santuario percorrendo un sentiero che voi potrete percorrere in ogni momento dell’anno. Per ridurre le distanze si può parcheggiare l’auto a Piazzale Bonocore e salire e in 40 minuti/1 ora fino al Santuario a piedi. Dal parcheggio si gode di un’ottima vista su tutta la valle. Qui si incontrano le vacche podoliche e una razza antica di pecore dal pelo lungo.

Matera.

Vivere Matera è qualcosa che non si dimentica. La città è Patrimonio Culturale dell’Unesco e Capitale Europea della Cultura nel 2019. Matera è un mondo in cui natura e uomo vivono a stretto contatto e si influenzano. Matera è la città delle case grotta, delle chiese rupestri, di storie contadine rappresentate nei quadri di Carlo Levi. Matera è una città che ha saputo rivalutare il proprio patrimonio e oggi vive di turismo.

Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia.

Così Carlo Levi denunciava la situazione di povertà e miseria nel suo libro “Cristo si è fermato a Eboli”. Entrando nelle case museo della città si può ancora rivivere la quotidianità di persone che fino a agli anni ’50 vivevano in condizioni di arretratezza.

Arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera […] Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante […] Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto[… ] Le porte erano aperte per il caldo, Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grottesche non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette.

Il primo giorno a Matera siamo stati accompagnati dalla guida turistica Alessia Grieco che ci ha fatto conoscere curiosità e aneddoti, non solo legati alla città di Matera. Vi consiglio di prenotare la visita al mattino presto per godere la città con il silenzio, senza turisti, ed evitare le ore più calde della giornata: ricordatevi che i sassi bianchi riflettono il sole e il caldo è davvero pesante da sopportare. Da vedere anche il Museo Nazionale d’arte di Palazzo Lanfranchi per non perdere i dipinti di Carlo Levi e la sua tela “Lucania ’61“, un racconto della Basilicata dipinta in onore dell’amico Rocco Scotellaro.

Scusate la digressione su Carlo Levi, ma la sua arte ha suscitato in me momenti di profonda riflessione, smarrimento e maggior attaccamento al mio caro Sud Italia.

Da non perdere per gli amanti dell’arte e un’ottima scusa per nascondersi dal sole: la mostra permanente di Dalì. Trovate le sue opere di grandi dimesioni in giro per la città: l’Elefante spaziale (piazza Vittorio Veneto – via San Biagio), il Pianoforte surreale (piazza San Francesco) e la Danza del tempo (via Madonna delle Virtù). La mostra vera e propria è situata nel complesso di Madonna delle virtù e San Nicola dei Greci, bellissime chiese rupestri che vi daranno un motivo in più per visitare la mostra. Anche il MUSMA, il museo della Scultura più importante d’Italia, è l’unico museo al mondo a essere allestito in grotta.

Matera Matera Matera Matera Matera Matera Matera Matera Matera Matera

Parco Nazionale della Murgia Materana

Scarpe da trekking ai piedi e seguiamo il sentiero escursionistico 406 che scende da Piazza Porta Pistola (Rione Sassi), supera il torrente Gravina attraverso una bella passerella sospesa e risale il pendio che porta al Belvedere di Murgia Timone. Ho visto gente scendere in ciabatte… non si fa! Il parco è molto esteso e vale la pena percorrere qualche sentiero per visitare le chiese rupestri del Parco Archeologico Materano.

Murgia Materana Murgia Materana Murgia Materana Murgia Materana

Abbazia di San Michele Arcangelo a Montescaglioso per scoprire la storia dei Cucibocca e i loro costumi, e le bellissime grafiche delle locandine di questo evento magico.

Montescaglioso cucibocca Abbazia di San Michele Arcangelo Montescaglioso

I Palmenti di Pietragalla, ovvero un parco con 200 grotte concentrate in una piccola area di età antica e utilizzate fino agli anni 60 per la pigiatura del vino.

Palmenti Palmenti Palmenti

Potenza, la città verticale.

Una città moderna con un bel centro storico, suggestive vie lastricate, palazzi d’epoca, musei e gallerie d’arte. Il capoluogo di regione più alto d’Italia, costruito in verticale e per questo denominato la città delle scale. A Potenza troverete tantissime scale caratteristiche, come quella del Popolo, dei 100 gradini e la scala mobile più lunga d’Europa con i suoi 20 minuti di percorrenza; seconda al mondo dopo quella di Tokyo. Arrivate in piazza percorrendo via Pretoria e entrate a visitare il Teatro Stabile. Passate sotto il ponte Musumeci che sovrasta il parco fluviale del Basento e fermatevi ad ammirare un’opera ingegneristica unica al mondo, paradiso degli skaters e sede di spettacoli e mostre.

Qui a Potenza si trova un piccolo market Pace Bio dove potrete trovare tanti prodotti tipici biologici come il peperone crusco o il pistacchio di Stigliano.

Scala del Popolo a Potenza Scala mobile Potenza Teatro Stabile Potenza Teatro Stabile Potenza Centro Storico Potenza Chiesa di San Gerardo Potenza

Stigliano e il suo pistacchio. Qui da quasi 30 anni si coltiva il pistacchio, importato dalla Grecia, e diverso dal più famoso pistacchio di Bronte poichè cresce sugli alberi. Sono andata a curiosare, ma a Stigliano potete vedere dalla strada solo una grande distesa di alberi. Non è possibile acquistarlo sul posto.


La regione dei paesi abbandonati.

Siamo più volte capitati in paesi totalmente abbandonati o solo in parte, a causa di terremoti o frane.

Il centro storico di Brienza. Capitati per caso in centro, abbiamo trovato una visita guidata gratuita al borgo medievale e al castello, ormai chiusi al pubblico per questioni di sicurezza a causa del terremoto del 1980.

Brienza Brienza Brienza

La Città dell’Utopia di Campomaggiore, dispersa nel parco Regionale Gallipoli Cognato. Una città costruita nel 1741 sulla base delle teorie utopistiche dell’epoca, sia architettoniche che sociali, nel 1885 crollò a causa di una frana. Il sito è tenuto molto bene, si paga un biglietto d’ingresso e un percorso con audioguida vi fa rivivere i momenti belli e di terrore di quel giorno tragico. Un luogo davvero suggestivo e di grande bellezza.

Campomaggiore città dell'Utopia Campomaggiore città dell'Utopia Campomaggiore città dell'Utopia

Il famoso Craco, il paese fantasma, location in cui è stato girato il film “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi e alcune delle scene de “La Passione di Cristo” di Mel Gibson. Purtroppo dal 2021 non è possibile accedere al paese per ragioni di sicurezza, si può solo vedere dall’esterno, ma è comunque molto suggestivo. La prima frana è avvenuta nel 1963, negli anni a venire si è cercato di intervenire costruendo  un muro di contenimento e piloni, ma non è servito a molto e negli anni successivi gli abitanti hanno abbandonato pian piano il piccolo paese. Di grande suggestione anche il paesaggio che accompagna l’arrivo al Craco, campi sterminati di grano, strade un po’ dissestate ma percorribili.

vista da Craco Craco Craco

Aliano, la città dove trascorse l’esilio Carlo Levi. Qui si trovano la casa museo, la Pinacoteca e il museo dell’autore. Aliano è uno dei borghi bandiera arancione del Touring Club Italiano, ovvero paesi che si distinguono per la servizi, ospitalità e sostenibilità. Arrivare ad Aliano vi permette di immergervi nella magia dei Calanchi, un paesaggio unico e senza tempo, un mondo fatato di argilla con guglie e pinnacoli. Quando ci siamo fermati lungo la strada a fare foto e video, abbiamo avuto la possibilità di toccarli con mano: l’argilla si sgretola al solo tocco. Da vedere sicuramente la Fossa del Bersagliere e la stupenda piazzetta con la casa antropomorfa. Qui ogni anno si svolge il festival della paesologia ideato da Franco Arminio “La luna e i calanchi“.

Aliano bandiera arancione Touring Aliano Aliano Aliano fossa del Bersagliere Aliano


Le spiagge della Basilicata.
Maratea e Policoro – Metaponto, con i due mari della Basilicata, così diversi tra loro per natura e paesaggio.

Maratea è una tappa obbligata di una vacanza lucana. A Maratea la costa nera e frastagliata è contornata da un paesaggio boschivo. Si trovano calette incontaminate ma non mancano le spiagge attrezzate. Abbiamo provato alcune delle spiagge descritte da guide e siti, quasi tutte di rocce, sassi e sassolini, e quasi tutte accessibili tramite una piacevole camminata. Credo che sia questo uno dei motivi per cui le spiagge scure di Maratea hanno attirato la mia attenzione. Qui un link con le spiagge di Maratea.

Una sosta consigliata alla Grotta delle Meraviglie per assistere al magnifico spettacolo della natura, accompagnati da una simpaticissima guida e sotto gli sguardi indifferenti dei veri ospiti della grotta, sto parlando dei pipistrelli che la abitano!

Spiaggia Maratea Spiaggia Maratea Spiaggia Maratea Spiaggia Maratea Spiaggia Maratea Spiaggia Maratea Cammino di San Biagio

E dopo il mare spingetevi fino al Cristo di Maratea e guardate in basso, lo spettacolo che si ha della costa è molto affascinante. Una volta parcheggiata l’auto percorrete il sentiero a piedi che vi porta al Santuario di San Biagio e al Cristo. C’è anche il Cammino di San Biagio che dal centro di Maratea porta al Cristo Redentore. Noi abbiamo percorso solo l’ultimo tratto.

La sera il centro di Maratea si anima di turisti indaffarati a scegliere il miglior ristorante o passeggiare gustando un gelato. Infilatevi tra le viette del vecchio borgo se volete trovare un po’ di pace.

Maratea Maratea MarateaMaratea

Policoro, soprannominata la “California del Sud” per la presenza di frutta e ortaggi che vengono esportati anche fuori l’Italia. A differenza di Maratea, qui le spiagge sono composte da lunghe distese di sabbia, suddivise tra i vari lidi attrezzati, e che la sera si popolano di giovani e famiglie. Il lido di Policoro di trova nella Riserva regionale orientata Bosco Pantano. Qui ha sede anche l’Oasi WWF con un centro di recupero animali selvatici in cui è possibile vedere la tartaruga caretta caretta. Sfortuna vuole che trovassimo il giorno di chiusura settimanale.

Policoro lido

A Metaponto ci sono ampi tratti di spiaggia libera e spiaggia attrezzata. Alla Riserva Naturale di Metaponto si parcheggia l’auto e poi con bus o navetta si raggiungono i vari lidi. Noi siamo stati in un tratto di spiaggia libera tra i lidi Don Pablo e Marinella. In zona si trovano anche il parco archeologico e il tempio delle tavole palatine, a mio avviso molto belli ma trascurati.

Metaponto Parco archeologico Metaponto Parco archeologico Metaponto

Da segnalare inoltre:

Pisticci e le sue casette bianche.

Pisticci Pisticci

I paesi di cultura Arbereshe per vedere ancora le nonnine vestite con abiti tradizionali.

Noepoli e il suo grande piccolo canyon.

Noepoli il grand canyon

Bernalda, il paese di Francis Ford Coppola.

Bernalda

Tra gli altri borghi più belli: Irsina, Acerenza, e Tricarico con i suoi murales dedicati al Carnevale.

Vista di Irsina Peperoni cruschi appesi a essiccare Irsina Irsina

Il castello abbandonato di Monserico, non tanto per vedere il castello ma per godere il paesaggio che lo anticipa e che si ammira dall’alto nel più rispettoso silenzio. Solo la terra, il vento e l’odore forte di terra bruciata.

La terra senza capannoni, senza officine, senza pompe di benzina, senza ville, senza cancelli […]e io sono felice quando guardo i luoghi scampati alla modernità incivile.¹

  1. Franco Arminio

Monteserico Monteserico Monteserico Monteserico grano arso

Il Santuario di San Donato a Ripacandida, un piccolo e prezioso gioiello artistico, e il vecchio pino Aleppo morente nella villa comunale accanto al santuario.

Una gita ai laghi di Monticchio con salita all’Abbazia di San Michele per ammirare i laghi dall’alto.

Melfi e il suo castello e un museo archeologico con reperti del Vulture.

Venosa con il suo stupendo parco archeologico e l’Incompiuta, tenuto molto bene a differenza di altri siti visitati e un po’ abbandonati. La chiesetta abbandonata fuori Venosa, molto suggestiva e caratteristica.

Venosa Venosa Venosa l'Incompiuta Venosa l'Incompiuta Venosa Venosa

Infine vi segnalo l’iniziativa di arte contemporanea diffusa Artepollino. I giovani ragazzi di “Associazione Artepollino” sono riusciti valorizzare il paesaggio grazie alle opere artistiche ambientali in cui l’uomo dialoga con la natura, come succede ad esempio a Latronico con la ferita nella terra di Anish Kapoor o la giostra di Carsten Holler.

Queste e altre bellezze vi aspettano ancora in terra lucana, dove il viaggio vale più della meta stessa.

Buongiorno a tutti,

vi scrivo durante una giornata di sole dopo la diretta di Instagram con Mariagrazia Lia, consulente del benessere, erborista, plantbased personal chef.

Uno dei primi articoli che ho scritto su questo blog è stato proprio quello della spesa consapevole a Milano. E’ un aiuto concreto con un elenco di portali online, app e mercati contadini per cercare di districarsi nelle infinite possibilità che offre la nostra città. Trovi l’articolo a questo link sempre in costante aggiornamento.

Io e Mariagrazia invece vogliamo darvi qualche consiglio su come fare una spesa consapevole che sia sana per noi e sostenibile per il Pianeta. Vi lasciamo qui sotto una lista da stampare e tenere sempre con voi, anche da spuntare se volete e condividere con amici e parenti. Sono solo semplici consigli, non facciamoci prendere dall’ansia di voler fare tutto e subito, ma è bene saperlo. Inoltre questa pagina non pretende di esaurire tutti gli argomenti a favore di una spesa sostenibile, per ogni punto potremmo scrivere un approfondimento a parte.

Se volete vedere la nostra diretta, cliccate qui.

Ho cercato di fare ordine e le ho sintetizzate di seguito. 

🟡 Prediligi l’acquisto di materie prime, principalmente vegetali e meno prodotti processati.

Se mi conoscete ormai lo sapete che la nostra e cara Dieta Mediterranea, le linee guida del Crea, la piramide alimentare e il piatto sano della Harvard Medical School ci suggeriscono di basare la nostra dieta su un’alimentazione principalmente a base vegetale. Per cui riempiamo i nostri sacchetti di cereali in chicco, farine, legumi, frutta e verdura colorata.

🟠 Acquista cibo fresco, locale e stagionale. Per essere sempre aggiornata sulla stagionalità prova a guardare questo sito.

Acquistiamo prodotti che provengono dalla nostra zona a chilometro zero. “I prodotti provenienti da Paesi lontani […] devono essere raccolti quando non sono ancora matura e conservati a temperature attorno agli zero  gradi; non hanno la possibilità di completare il loro ciclo vitale al sole e di riempirsi di quelle sostanza che si formano solo con la maturazione sulla pianta.[..] Lo stesso succede ai prodotti italiani che compiono lunghi viaggi e a volte vengono trattati chimicamente.“¹ o vengono coltivati in serra.

La stagionalità è importante perché ci permette di risparmiare, aiuta a conservare il sapore e le proprietà delle materie prime e inquina meno Frutta e verdura di stagione sono molto più saporite e conservano tutte le loro proprietà intrinseche. Ecco perché non si discute sulla stagionalità. Controlliamo sempre la provenienza o chiediamo al fruttivendolo. Se abbiamo la possibilità frequentiamo gli orti e i mercati contadini locali. (vedi articolo già citato)

🟢 Prediligi prodotti biologici, conoscere le certificazioni ei simboli può aiutarti.

🔵 Impara a leggere le etichette e fai attenzione ai claims. Lo sapevi che molti delle frasi e indicazioni pubblicitarie sono ingannevoli o assolutamente inutili. Dire che un prodotto è “light” non vuol dire che sia sano. Proprio per questo è importante sapere come leggere le etichette. Io prima di tutto controllo la lista degli ingredienti: è in ordine decrescente e sarebbe meglio se non fosse troppo lunga, se non contenesse zuccheri tra i primi 3 ingredienti e fossero chiari tutti gli ingredienti presenti. Poi controllo la provenienza, la data di scadenza ed eventualmente la tabella nutrizionale.

🟣 Riduci gli imballaggi di plastica e prediligi i prodotti sfusi. Prediligi, se possibile, imballaggi biodegradabili o compostabili. Porta con te sacchetti o borse riutilizzabili, non acquistare frutta e verdura in busta o dentro la plastica.  Oggi molti supermercati hanno al loro interno un angolo dedicato allo sfuso di cereali, pasta, frutta secca e addirittura prodotto di pulizia. Negli ultimi anni hanno aperto negozi nati proprio con questa logica come Negozio Leggero o Zero per Cento a Milano.

⚫ Fai la spesa al mercato contadino, dal singolo produttore, negozi del commercio equo e solidale. Anche se il supermercato resta spesso la soluzione più pratica per acquistare tutto in un solo luogo, fare la spesa direttamente dal contadino vi aiuta a rispettare alcuni dei parametri che abbiamo appena citato. Per me il mercato contadino è stata una meravigliosa scoperta. Mi piace conoscere le persone che coltivano i prodotti o li realizzano con le loro mani, mi diverto a chiedere consigli, imparare di più sul loro lavoro, incontrare in questi luoghi persone che condividono gli stessi valori. In più qui non si sbaglia sulla stagionalità. Vedi articolo sopra linkato.

Porta con te una lista della spesa per non rischiare di acquistare prodotti inutili e cerca di non eccedere con le quantità, soprattutto non lasciarti attirare dalle offerte.

🟤 Un ultimo suggerimento, però molto importante, avrebbe bisogno di un lungo approfondimento a parte. Facciamo una spesa che rispetti una filiera il più possibile etica per l’uomo e per gli animali, sfruttamento del lavoro umano. Anche in questo caso conoscere i marchi aiuta molto. Sul caffè e cioccolato sono spesso presenti marchi del commercio equo-solidale o certificazione Fair Trade, sul pesce abbiamo la certificazione Friend of the Sea o Msc, solo per citarne alcuni.

Se avete altri suggerimenti o spunti, scriveteceli qui o sui nostri canali social, ne discuteremo ancora molto volentieri.

consigli spesa sana e consapevole

  1. Anna Villarini, “Scegli ciò che mangi. Guida ai cibi che aiutano a proteggere la salute”, Sperling & Kupfer Editore, 2013.

 

Se vi chiedessero che cos’è l’umami sapreste rispondere? Qualche giorno fa ho postato un sondaggio su Instagram e molte persone mi hanno risposto di non sapere cosa fosse.

L’umami è il quinto sapore e significa letteramente “sapore delizioso”. Conosciamo bene gli altri 4 sapori: dolce, salato, acido e amaro, ma riusciremmo ad identificare l’umami? Dopo la lettura di questo breve approfondimento, spero di sì.

Perché ritengo l’umami così importante da dedicargli un articolo? Il passaggio ad un’alimentazione principalmente vegetale è faticoso, dobbiamo rinunciare ad alcuni cibi che amiamo e appartengono al nostro contesto culturale e personale. In questo cambiamento ci vengono in aiuto cibi che spesso nemmeno conosciamo, alimenti che, se utilizzati sapientemente in cucina, possono rendere i nostri piatti succolenti e farci scoprire nuovi gusti.

Dario Bressanini e Michael Pollan precisano di fare attenzione a non confondere i sapori con il gusto. Il gusto è una sensazione molto complessa alla quale contribuiscono recettori come l’olfatto, la piccantezza e l’astringenza, la temperatura, i colori, la consistenza, la forma e il rumore. A fronte di 5 sapori fondamentali, abbiamo molte sensazioni che aiutano a definire il nostro gusto.

tabella dei sapori con esempi di alimenti associati

L’umami è stato scoperto in Giappone nel 1908 dal chimico Kikunae Ikeda. Durante i suoi esperimenti scoprì che “i cristalli bianchi che si formano sull’alga kombu essiccata contenevano grandi quantità di glutammato e avevano un sapore indefinito” (cit. Michael Pollan). In Occidente il quinto sapore è diventato ufficiale solo nel 2001.

Oggi molti di noi conoscono l’alga kombu, per lo più utilizzata nella cottura dei legumi e con la quale si  prepara il dashi, un brodo millenario giapponese che contiene tutti i componenti chimici essenziali che conferiscono il sapore umami. Ci sono 3 molecole che contribuiscono alla percezione dell’umami nel brodo: il glutammato (alga kombu), l’inosina (pesce Bonito affumicato con cui si prepara il Katsuobushi) e la guanosina (funghi shitake secchi).

In quali altri cibi si può trovare l’umami? Nei pomodori maturi o secchi, nel parmigiano o nei formaggi stagionati, nelle acciughe, nei funghi secchi e in molti cibi fermentati come la salsa di soia o la pasta di miso. Pensate ad ognuno di questi cibi e a quante volte li avete utilizzati in cucina per preparazioni gustose.

“Anche il latte materno è ricco di questo particolare sapore e si pensa lo sia per ragioni evolutive. Il glutammato è un nutriente importante per la crescita del bambino, così come lo sono gli zuccheri. In secondo luogo questo aminoacido è anche un combustibile cellulare e un’unità costruttiva preziosa per lo stomaco e l’intestino del bambino. L’umami è quindi insieme al dolce uno dei primi sapori incontrati dal bambino nel latte materno.” (cit. Michael Pollan)

Ho scoperto l’umami leggendo il libro “Cotto” di Micheal Pollan. Il giornalista statunitense inizia a parlare di umami partendo dal racconto della preparazione di un fondo di cucina con cipolla, carote, sedano per un brasato. In questo caso la cottura prolungata permette alle proteine di degradarsi diffondendo nel fondo o nel brodo gli aminoacidi che concorrono a creare il sapore delizioso. Lo stesso processo avviene per molti alimenti fermentati, secchi o maturi ricchi di umami.

Nel 1982 nasce l’Umami Information Center con lo scopo di diffondere la cultura di questo sapore. Il sito dell’organizzazione riporta tra i vegetali che contengono glutammato anche gli asparagi, i broccoli, le barbabietole e le già citate cipolle.

tabella in cui sono descritti i cibi umami

Come possiamo definire il sapore umami? Non è un sapore veramente riconoscibile, non sa di qualcosa in particolare e lo percepiamo solo in un secondo momento dopo la deglutizione. Possiamo provare a descriverlo attraverso tre caratteristiche principali: si diffonde in modo omogeneo sulla lingua ( non su un punto preciso come gli altri sapori), è persistente e prolungato e favorisce la salivazione. L’umami altera anche la consistenza dei cibi. Come sostiene Michael Pollan: “Se si aggiunge l’umami a una zuppa, chi l’assaggia dirà di trovarla non solo più sostanziosa ma in realtà anche più densa […] fa apparire meno simile all’acqua e più simile al cibo”.

Nella cucina occidentale spesso l’umami è stimolato insieme al gusto salato, e supportato dalla presenza di grassi animali. Questo fatto può aver ritardato la sua accettazione come sapore indipendente dagli altri.” (cit. Dario Bressanini). Secondo l’Umami Info Center è possibile utilizzare fino al 30% in meno di sale per avere la stessa palatabilità (gradevolezza al gusto).

Vi invito a scoprire tutti i cibi che contengono naturalmente il glutammato e le altre molecole che compongono l’umami al link dell’Umami Information Center.

Provate la zuppa di miso con la ricetta [link] che trovate sul blog e ditemi cosa ne pensate e “Share umami with the world!” (cit.)

 

FONTI

Michael Pollan, “Cotto”, 2013, Adelphi Edizioni.

Dario Bressanini, “La Scienza delle verdure”, 2019, Gribaudo.

Dario Bressanini, “Pomodori al glutammato”, 2008, Le Scienze Blog [link all’articolo]

Umami Information Center [link]

Questo articolo sulle spezie raccoglie alcune delle miscele che mi piace creare per le mie ricette. Il libro da cui sono riprese le miscele è “La grammatica delle spezie” edito da Gribaudo, un libro che tutti gli amanti delle spezie dovrebbero avere.

Non voglio rinunciare a creare ricette etniche che fanno grande utilizzo di spezie e non voglio comprare mix che poi restano in dispensa a vita. Così, grazie al mio libro, ho deciso di preparare alcune miscele per l’occasione. Quelle che vi lascio di seguito fanno riferimento ad una ricetta presente sul blog e verranno aggiornate ogni volta che ne proverò di nuove.

I primi ricettari del Medioevo citano le spezie come un elemento di elevazione sociale. I piatti poveri venivano utilizzati come contorno o di accompagnamento e molto spesso erano arricchiti con un ingrediente prezioso, come le spezie. Le spezie erano un lusso concesso solo alle classi sociali agiate e rimarrà così fino al 1500 circa. Dopo la scoperta dell’America, la pioggia di profumi e di sapori che investì l’Europa generò presto stanchezza. Ora che le spezie erano alla portata di molti, i veri ricchi cercarono altrove i segni di distinzione.¹

Le spezie andrebbero sempre tostate perché sono più profumate. Vanno aggiunte agli olii o grassi per permettere che sprigionino tutti i loro profumi. Hanno il grande vantaggio di creare un’immensa varietà in cucina e ci permettono di utilizzare meno sale.

Se volete acquistare le vostre spezie vi consiglio il bellissimo negozio di Milano Tutte le spezie del mondo, che lo store online a questo link www.tuttelespeziedelmondo.it

Per saperne di più sulle spezie, vi consiglio il profilo Instagram di Elisabetta o il suo sito lamagiadellespezie.it

Vi lascio anche alcune delle ricette in cui utilizzo le spezie. Cerca la ricetta che più ti ispira e prova a creare il tuo mix.

Dahl di lenticchieMuffin speziati arancia e cannella

Gulasch di tempehFrijoles

  1. Alberto Capatti, Massimo Montanari, La cucina italiana, Editori Laterza, 2015.

Garam Masala – ricetta Gatta Masala

Chiamata anche miscela calda, si aggiunge di solito a fine cottura per mantenere la fragranza. Fondamentale per ricette come il Tikka masa di pollo o nel murgh makhni e altri piatti di carne, ma anche patate e verdure. Non si trova solo nella cucina indiana, ma anche nei piatti giapponesi o aggiunto a verdure, biscotti e pane. La particolarità di questa miscela è che viene aggiunta ai piatti poco prima della fine cottura per preservare il suo sapore.

1 cucchiaio di semi di cumino
5 baccelli di cardamomo
2 baccelli di cardamomo nero
1 stecca grande di cannella
1 cucchiaino e 1/2 di chiodi di garofano
2 lamelle di macis
1/4 di cucchiaino di noce moscata
1 foglia di alloro
1/2 cucchiaino di grani di pepe nero
1/2 cucchiaino di grani di pepe bianco

Scaldate a fuoco moderato una padella con fondo spesso, aggiungete tutte le spezie intere e fate tostare per 2-4 minuti, finchè non si sentirà il profumo, mescolando ogni tanto. Lasciate raffreddare e macinate con un macinacaffè o un macinino per spezie (quello del pepe per intenderci)
Setacciate per eliminare le bucce e conservate in un barattolino ermetico.

Berberé – ricetta Zighinì

Una miscela di spezie piccante utilizzata in Etiopia ed Eritrea. A base di peperoncino, può includere aglio, zenzero, cumino, ecc. Il risultato è una mistura rossa ricca di aroma e di gusto, che può insaporire a crudo la carne, il pollame e il pesce o può essere utilizzata per zuppe, verdure e cereali. E’ il condimento principale dello spezzatino etiope, il doro wat e del misr wat, piatto di lenticchie simile al dahl indiano.

5 peperoncini secchi
1/2 cucchiaino di semi di fieno greco
1/4 di cucchiaino di bacche di pimento
1/4 di cucchiaino di semi di ajowan
1/2 cucchiaino di pepe nero in grani
i semi di 3 baccelli di cardamomo
1 cucchiaino di semi di coriandolo
3 chiodi di garofano
1/2 cucchiaino di zenzero in polvere
1/2 cucchiaino di noce moscata grattuggiata
1/4 di cannella in polvere

Scaldate a fuoco moderato una padella con fondo spesso, aggiungete i peperoncini e le spezie intere e tostate per 2-4 minuti, finché il tutto non sarà profumato e leggermente dorato, mescolando di tanto in tanto. Lasciate raffreddare e macinate in un macinino per spezie. Unite le spezie in polvere e conservate in un barattolino ermetico.

Pisto napoletano – ricetta Mostaccioli

Il Pisto è una miscela di spezie tipico nella cucina campana, utilizzato per creare dolci come mostaccioli e roccocò. Ricorda molto il pan d’epices o i biscotti speziati allo zenzero. Questa ricetta è ripresa dal sito ricettedalmondo.it

15 gr di cannella (in polvere)
5 gr di chiodi di garofano
5 gr di anice stellato
5 gr di noce moscata
5 gr di semi di coriandolo
5 gr di pepe

E’ arrivato il momento di portare il delivery sano a casa tua!

Per noi italiani mangiare fuori casa e far colazione al bar è uno stile di vita, una questione d’identità: riunirsi intorno a una tavola con il cibo fa parte del nostro essere italiani.
Ma dal 5 novembre è iniziata una nuova fase di lockdown per la Lombardia la cui conseguenza è stata la chiusura al pubblico di ristoranti e bar.

Secondo Confcommercio il Pil nel settore della ristorazione ha avuto una ripresa nel terzo trimestre, ma in generale un decremento rispetto a tutto il 2019. Si stima che tra le 51 mila attività ferme, 1 su 4 non riaprirà.
Infatti alcuni dei locali che amavo hanno chiuso definitivamente, come BistròBio e Demetra Vegan Food a Milano o il Vero Restaurant a Varese. Tanti altri hanno deciso di proseguire l’attività con grandi sforzi, scegliendo il servizio di asporto e consegna a domicilio.

C’è la necessità di reinventarsi senza sosta, di far fronte ad “alti e bassi” ed ingenti investimenti in sanificazioni. I ristoratori devono trovare i mezzi e gli strumenti per adeguarsi ai continui Dpcm e la sfida più dura è proprio l’incertezza del futuro.
Funny Vegan a questo proposito ha organizzato un webinar gratuito con lo chef Luca André [link] che si terrà lunedì 16 novembre, in cui verranno illustrate le opportunità e le problematiche legate al food delivery, e offerti spunti interessanti su come modificare l’offerta ristorativa e come adattarla alle esigenze del cibo da asporto.

Oggi la ristorazione può contare sull’aiuto delle app delivery che in pochi click portano il cibo nelle nostre case. Grazie a queste grandi aziende digitali anche i più piccoli riescono a raggiungere tutti. Ma a quale prezzo?
Si sta dibattendo molto su questo tema, anche in seguito alle recenti proteste dei riders che invitavano a non servirsi di alcuni grandi portali per ordinare cibo a casa. I “ciclofattorini” oggi lavorano a cottimo senza una paga oraria minima garantita e mancano di tutele.

Ho avuto il piacere di confrontarmi con Un vegetariano a Milano in merito alle sue storie su Instagram su questo tema complesso.
Le persone che hanno risposto alle sue storie hanno suggerito una delle possibili soluzioni: sostenere i locali elargendo direttamente una mancia al rider. Va considerato però che questa modalità aumenta il costo del pasto al consumatore finale. Questa soluzione è solo un palliativo in attesa di giungere ad accordi equi.

In realtà il food delivery sostenibile potrebbe presto essere realtà. Sono già attive app come Alfonsino gestita da una società che ha dipendenti assunti; Alfonsino è però attiva solo nei piccoli comuni del Centro e del Sud Italia. Oppure Consegne Etiche, attiva a Bologna e che garantisce diritti e tutele al lavoratore. E Ciaosergio che seleziona i ristoranti di qualità in grado di mettere il proprio personale al servizio della consegna.

Tra le soluzioni per sostenere i locali c’è sempre la possibilità di andare a ritirare il proprio pasto, oppure scegliere locali che provvedono direttamente alla consegna con il proprio personale. Giulia Giunta a questo proposito pone però una problematica: la consegna spesso è limitata al quartiere o ad un raggio di pochi chilometri e in questo momento nelle “zone rosse” non è possibile spostarsi in un altro comune. Persone come me che vivono in periferia sono sicuramente svantaggiate col delivery. Ringrazio Giulia per avermi segnalato alcuni locali attivi in periferia e per il bellissimo lavoro di promozione nel suo gruppo fb Eventi Vegani Lombardia.

Ho sentito la necessità di fare questo post per aiutarvi a trovare locali, gastronomie, ristoranti, con una cucina prevalentemente vegetale, che restano aperti con l’asporto e il delivery per supportarci con un pranzo veloce durante lo smart working o una cena in famiglia sana e gustosa.

Milano è grande… per cui se hai suggerimenti ti chiedo di inviarmeli via mail o scriverli nei commenti di seguito. Di molti locali troverai la mia recensione, clicca sul nome del locale e guarda sulla mappa di Vita da Sani per scoprire quelli più vicino a te.

APP o SITI

SanaSana
www.sanasana.it/
Consegna entro 3 Km

Alveare che dice sì 
thefoodassembly.com/it-IT
Cerca l’Alveare più vicino a te e scopri le novità sulla consegna a domicilio.

NEGOZI O BOTTEGHE

Zero per Cento
Cooperativa agricola sociale
zeropercento.org

Bella Dentro – Loreto e varie zone di MI
Apecar, bottega in zona Loreto e e-commerce.
belladentro.org

LOCALI VEGETARIANI/VEGANI

Provincia di Milano e dintorni

Madre Terra Veg – Sesto San Giovanni MI
Consegna da lunedì a sabato, Sesto e dintorni
instagram.com/madreterraveg

Hortus ristorante – Cusano Milanino MI
Attiva solo la bottega con prodotti di vario genere (al momento asporto sospeso)
hortusmilanino.it

Hug Bistrot – Monza MB
Tutti i giorni
hugbistro.it

KmBio – Monza Centro MB
Da lunedì a sabato
www.facebook.com/kilometrobio

Pioppo Tremulo – Seregno MB
Da martedì a sabato
http://www.pioppotremulo.it/

Profumo di Buono – Periferia di Milano
Consegna mercoledì, sabato e domenica (verifica se il tuo comune è coperto)
facebook.com/Profumo-di-buono

Milano

La Taverna degli Arna – Niguarda MI
Consegna diretta da lunedì a sabato
arnadelivery.it

La Schiscietteria – P.ta Romana MI
Da lunedì a sabato
laschiscetteria.it

Centro Macrobiotico Milanese – Missori MI

Solo mercoledì a pranzo

facebook.com/CentroMacrobioticoMilanese/

Alhambra Risto Veg – P.ta Venezia MI
alhambranaturale.wixsite.com/alhambra

Cibò Vegan Food– Città Studi MI
Da lunedì a sabato
cibonatura.com

Panghea (ex Ghea) – P.ta Genova MI
Da martedì a domenica
panghearistorante.wixsite.com/website

Joia Lab e alta cucina a casa (prodotti e menù) – P.ta Venezia MI
Da giovedì a sabato
joia.it/joia-lab-e-alta-cucina-a-casa

Insaluteria – P.ta Garibaldi MI
Da lunedì a venerdì, sabato e domenica solo cena
insaluteria.it

La Colubrina – P.ta Venezia MI
Da martedì a domenica
lacolubrina.it

La Forchetta Verde – Moscova MI
Da lunedì a venerdì
laforchettaverde.com

Nabi – Natura Biologica – P.ta Romana MI
Da mercoledì a lunedì
naturabiologica.net

VegAmore – P.ta Nuova MI
Tutti i giorni. domenica solo pranzo
www.vegamoremilano.com

Tathagata Gastronomia – P.ta Genova (Tortona)
Da lunedì a venerdì
www.gastronomiatathagata.com

Al 23 Natural&Veg – Ghisolfa MI
Da lunedì a venerdì, sabato solo pranzo
facebook.com/Al23NaturalVeg

Flower Burger – Bicocca, Tortona, P.ta Venezia MI
Tutti i giorni – differenti orari in base alla sede
flowerburger.it

Soulgreen – P.ta Nuova MI
Tutti i giorni, domenica solo cena
soulgreen.com/it/

Radicetonda – P.ta Venezia, P.ta Romana MI
Tutti i giorni via Spallanzani, da lunedì a venerdì Padre Buozzi
www.radicetonda.it

Leccornie – Dergano MI
Tutti i giorni, domenica solo pranzo
facebook.com/Leccornievegan

Fuori Milano

Sedano Rapa – La cucina dell’orto – Gallarate e dintorni
Consegna diretta del locale da martedì a sabato
sedanorapa.com

The Millennium Pub – Busto Arsizio
Consegna diretta del locale da giovedì a sabato
themilleniumpub.it

Jolie Bistrot – Busto Arsizio
Da martedì a venerdì, sabato solo a pranzo
www.joliebistrot.it

Gusto Arsizio – Busto Arsizio
Da mercoledì a sabato
gustoarsizio.com/

Naturangolo – Osnago  LC
Da martedì a sabato
https://www.facebook.com/naturangoloosnago

Green Corner ristorante vineria – Lodi
Da giovedì a lunedì a pranzo e cena
www.facebook.com/greencornerwineandrestaurant

Calabria on the road. Quello che segue è il resoconto del nostro tour della Calabria in cui troverete brevi recensioni di locali, visite naturalistiche e culturali alla scoperta dello stile di vita calabrese. Un viaggio alla scoperta dei luoghi e delle tradizioni contadine, marinare e culinarie calabresi. #calabriaontheroad è l’hashtag che ho utilizzato durante la mia vacanza in Calabria, 2500 km percorsi in auto e una media di 14 km al giorno a piedi.

Sono appunti di viaggio per una vacanza in Calabria, sia se siete curiosi di scoprire le bellezze che si celano in questa regione, sia se volete conoscere le ricette sane e vegetali della tradizione regionale.

Il nostro itinerario inizia dal Parco Nazionale del Pollino, il parco più grande d’Italia, che si trova al confine con la Basilicata. Abbiamo iniziato qui la visita ai borghi affascinanti che segnano profondamente le origini della dieta mediterranea. Questi paesi assomigliano a un presepe, agglomerati di case di architettura povera arroccati, viuzze strette, antichi castelli e abbazie con piccoli e meravigliosi scorci e imperdibili panorami sulle valli sottostanti.

I primi giorni del tour in Calabria abbiamo alloggiato a Castrovillari in un bellissimo bed & breakfast, il Casale Valleverde, immerso in un giardino verde pieno di alberi da frutto. Al mattino a colazione trovavamo sulla nostra tavola pesche e fichi appena raccolti. Nel paese si trova un rinomato ristorante, La Locanda di Alia, con menù degustazione da 60 euro.

La prima sera siamo stati a Morano Calabro, identificata nel 2019 come uno dei paesi più longevi d’Italia con 5 centenari su 4000 abitanti. Oltre ad una dieta povera, principalmente a base vegetale, la posizione collinare di questi borghi, con vicoli stretti, importanti pendenze e quasi inaccessibili alle auto, permette ai suoi abitanti di muoversi quotidianamente e praticare attività fisica regolarmente. In paese si trova il Parco della Lavanda, un giardino tematico in grado di coniugare aspetto ricreativo, didattico e culturale. Abbiamo cenato al Ristorante Antico Borgo, dello chef Pierluigi Vacca che fa parte dei ristoranti del Buon Ricordo, ovvero l’unione dei ristoranti che difendono la cucina del territorio. Non abbiamo trovato opzioni vegetali, ma abbiamo assaggiato degli ottimi piatti di pesce. Il piatto del buon ricordo è uno sformato di baccalà su crema di ceci e peperone crusco [link]. Tra le altre proposte abbiamo optato per un branzino in salsa verde con un contorno di zucchine alla scapece e del tonno scottato con nocciole e gelato al finocchietto selvatico, il tutto cucinato e presentato a regola d’arte.

Il secondo giorno ci siamo diretti a Civita dove si trovano le famose Gole del Raganello, temporaneamente chiuse a causa di un incidente avvenuto l’anno scorso durante un’escursione con maltempo. Le gole sono percorribili solitamente solo con delle guide professioniste. All’ufficio del turismo vi daranno un libretto con tutte le informazioni sulle gole e su Civita che merita assolutamente una visita. Parcheggiamo l’auto e ci dirigiamo verso il ponte del Diavolo, una camminata di 15 minuti con 200 m di dislivello per vedere lo spettacolo delle gole dall’alto e l’imponente Timpa del Demanio da vicino (nel caso ci sono delle navette a pagamento, ma solo per la nonna anziana!). Dopo la faticosa salita a 35 gradi, ci divertiamo a cercare le case antropomorfe e scorgere i camignoli più fantasiosi, così costruiti per tenere alla larga gli spiriti maligni. A Civita sopravvive una cultura arberesche, di origine albanese, e la cucina locale ne subisce una forte influenza. Vi segnalo questi ristoranti dove avremmo voluto cenare, ma non abbiamo trovato posto. Il Ristorante Kamastra e L’Oste d’Arberia coniugano sapori calabresi alle antiche tradizioni balcaniche.

Ci dirigiamo poi a Cerchiara di Calabria per provare il famoso pane a lievitazione naturale che ricorda quello più famoso di Altamura. Il mio obiettivo era mangiare una pitta farcita, ovvero un tipico pane basso di forma tonda, perfetto da essere imbottito con le tante verdure sottolio calabresi. Il paese è un susseguirsi di panifici come il Forno Storico Vito Elisa, ma attenzione a non andare all’ora di pranzo quando i panifici hanno già finito le scorte di pitta! In foto trovate una mappa della “Via del pane” con tutti i panifici del paese, alcuni si trovano anche sulla strada per arrivare in centro.

Dopo pranzo ci dirigiamo Oriolo Calabro, uno dei borghi più belli d’Italia e poi scendiamo per un tuffo a mare a Roseto Capo Spulico.  Concludiamo la nostra splendida giornata a Mormanno. Proprio in questo piccolo paesino di montagna ho trovato un ristorante che ha fatto subito breccia nel mio cuore. All’Osteria del Vicolo si possono degustare zuppe con legumi: le famose lenticchie di Mormanno, il fagiolo poverello con cicoriette selvatiche, e il cece nostrano. Ho provato le lenticchie e un piatto di Raschiatelli con i funghi porcini, un tipo di pasta che qui assomiglia molto al maccherone calabrese.

Dal momento che le Gole del Raganello erano impraticabili, abbiamo deciso di dedicare la mattina del terzo giorno ad un’escursione sul Pollino facendo Acquatrekking. Il punto di partenza in realtà si trova in Basilicata sul fiume Lao. E’ un’attività che hanno inventato dei ragazzi in cui si risale il fiume con le tute dei pescatori. Indossate le tute abbiamo iniziato la nostra lenta passeggiata didattica in mezzo al fiume alla scoperta di piante e fauna della zona. Dopo circa mezz’ora è iniziata la vera sfida, ovvero percorrere il fiume controcorrente. Quando l’acqua diventa alta, al massimo fino al petto, la tuta stringe il corpo praticando una piacevole pressione. Vi assicuro che non è proprio facile restare in equilibro sotto l’impeto della corrente, ci vogliono gambe allenate e una bella corporatura per non scivolare. La gita si è conclusa a tarallucci e vino. Se volete informazioni qui trovate il link di Acquatrekking di Viggianello, gli unici a praticare questa attività in Italia.

Proseguiamo verso la Grotta del Romito, e dopo un pranzo al sacco cominciamo la breve visita del sito rupestre. Verso sera ci dirigiamo ad Altomonte dove si trova il Museo dell’Alimentazione, chiuso al momento del nostro arrivo, ma vi posso dire che organizzano corsi ed eventi soprattutto legati alla panificazione. Ad Altomonte si trova anche il Ristorante Hotel Barbieri, anch’esso ristorante del buon ricordo e albergo diffuso dove poter soggiornare e vivere un’esperienza completa. Vi dico con grande dispiacere che ho avuto una pessima esperienza all’Osteria San Francesco: il cibo non era trattato con la cura e la passione che piacciono a me e i modi dei camerieri erano un po’ sbrigativi. Forse l’unico locale in cui non mi sono trovata bene in tutto il tour calabrese.

Il quarto giorno il nostro viaggio continua verso l’Abbazia di Santa Maria del Patire e poi una sosta al Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli, purtroppo visitabile solo con visite guidate su prenotazione e stabilite in orari diversi da quelli in cui siamo stati noi. Ovviamente lo shop era aperto e abbiamo fatto scorta di liquirizie in stupende confezioni di alluminio perfette per un regalo agli amici.

Arriviamo a Crotone che sarà la città dove alloggeremo per tre giorni e nel pomeriggio visitiamo il Parco Archeologico di Capo Colonna e ci concediamo un bagno al tramonto alla spiaggia rossa di Torre Scifo. Abbiamo raccolto anche dei fichi d’india con un bicchiere di carta senza pungerci, ma non sapevamo che le spine piccolissime del frutto volano ovunque e andrebbero subito lavati in acqua. I giorni successivi ci siamo ritrovati spinette ovunque ma abbiamo mangiato degli ottimi fichi d’india. In Calabria le piante di fico d’India si trovano ovunque e la maggior parte dei frutti non vengono raccolti, ma è rarissimo trovarli in vendita.

Il nostro quinto giorno lo dedichiamo al Parco Nazionale della Sila. Partiti da Crotone, ci fermiamo a San Giovanni in Fiore per visitare l’Abbazia Florense, uno dei più grandi edifici della Calabria, che ricopre un’importante impronta storica e culturale. La giornata prosegue verso i Giganti della Sila, anche conosciuta come Riserva Naturale di Fallistro. Da qui partono e arrivano alcuni percorsi escursionistici che potrete trovare descritti all’inizio del sentiero che porta alla riserva. I Giganti sono 58 pini larici centenari che arrivano fino a 45 metri di altezza con un tronco fino a 2 metri e che dal 1600 hanno subito le intemperie della natura e la violenza dell’uomo. Per il loro legno pregiato sono stati utilizzati nel dopoguerra per pagare i debiti dell’Italia nei confronti degli anglosassoni e alcuni sono stati distrutti per raccogliere la loro preziosa resina. In questo luogo c’è un’energia che non ho mai percepito in nessun bosco visitato prima. La guida racconta la storia di questo luogo magico e ascoltandola non sono riuscita a non commuovermi. Ancora adesso pensando a quel momento, a quella riserva, mi vengono i brividi. Lo sapete che è scientificamente provato che le piante comunicano tra di loro? Questa e altre storie vi aspettano ai Giganti della Sila.

Appena fuori dal sito, scorgo il menù del ristorante L’Antica Filanda: tra gli antipasti c’è una Zuppa di legumi e funghi con crostini. Decidiamo di fermarci, nonostante ci fossimo portati il solito pranzo al sacco. Ottima la zuppa servita con crostini saltati e anche il primo abbondante di tagliolini all’occhio con tartufo di cui ho fatto poche forchettate perché vi assicuro che l’antipasto mi aveva già saziata e soddisfatta. Il personale e lo chef sono stati davvero gentili e cordiali e anche veloci, aspetto da non sottovalutare in Calabria. Non molto lontano si trova il Centro Visitatori Cupone, un centro di educazione ambientale con sentieri naturalistici, osservatori faunistici, museo, giardino geologico e un’area attrezzata per pic-nic lungo il lago Cecita. Lungo le strade della Sila troverete spesso alcuni contadini che vendono prodotti tipici, come sottolii di ogni tipo, salumi vari, formaggi di capra, legumi secchi, frutta e verdura di stagione. Inutile dirvi che ci siamo portati a casa un bel po’ di queste prelibatezze. Lungo il lago Cecita ci siamo fermati all’Agrigelateria delle Terre d’Altopiano Agricola dello Scrivano, hanno tre soli gusti senza latte che valgono la sosta e fanno anche degustazioni tipiche.

Il sesto giorno lo dedichiamo ai bagni nello splendido mare di Le Castella e Isola di Capo Rizzuto. Abbiamo visitato l’acquario molto trascurato e ci siamo concessi un giretto in barca per vedere dei reperti storici in mare, ma non ne siamo usciti entusiasti.
Di ritorno a Crotone abbiamo cercato di raggiungere la Foce del Fiume Neto, una zona d’interesse naturalistico a protezione speciale tra le più importanti della regione. Qui si trova un’oasi in cui migrano tantissime specie di uccelli, tra cui il Gruccione. Per una camminata che parte da Gabella Grande potete guardare questo link. Noi siamo arrivati in auto passando per Gabella Grande e una strada sterrata piena di buche in mezzo a campi coltivati. Arrivati direttamente sulla spiaggia con l’auto abbiamo trovato mucche al pascolo e aironi, che però sono volati via al nostro arrivo. Abbiamo fatto un bagno al tramonto in compagnia del giovane pastorello e di un paio di pescatori.

Trascorriamo la serata a Crotone e sul lungomare noto un locale che prepara la pinsa romana con lievitazione naturale e farine semintegrali. L’insolito Kr propone anche il panino pinsaghiotto, una sorta di pitta simile ad un saltimbocca ripieno e alcune insalatone. Abbiamo provato tutto, una pinsa alla marinara davvero ottima con impasto con mix di farine: riso, frumento, soia e grano tenero integrale. Il risultato è una pizza croccante fuori e morbida dentro, super leggera. La pinsa si trova spesso nelle città calabresi, è diventata quasi una moda al pari della pizza napoletana a Milano. Gli ingredienti del panino sono freschi e il condimento abbondante. La mia insalatona alla crotonese con cicorietta, pomodori e cipolla viene servita in una mega ciotola affiancata da crostini del pinsaghiotto. Non lasciatevi scappare una passeggiata sul lungomare della città. Vi segnalo un locale che si chiama Leguminoseria, che offre principalmente pizza, ma anche piatti come zuppe, e ahimè è aperto solo d’inverno. Abbiamo optato per un locale dello stesso proprietario, la Figlia di Annibale, nella speranza che facessero opzioni vegane, ma mi sono ritrovata con un menù fisso di pesce e una lentezza disarmante, mai vista prima.

Altro borgo in cui siamo stati prima di ripartire e da visitare sicuramente Santa Severina con il suo bellissimo castello. Tra i ristoranti non provati sulla Sila, vi segnalo Il Vecchio Castagno a Serrastretta, La Taverna dei Briganti a Cotronei e la Locanda Pecora Nera a Buturo.

Il settimo giorno ci spostiamo a Catanzaro per una tappa al Museo Internazionale della scultura a cielo aperto, dove si trovano opere di artisti famosi tra cui Burden, Cragg, Oppenheim, Pistoletto e molti altri artisti. L’ingresso è gratuito e si trova all’interno del Parco della biodiversità mediterranea, un’area dedicata alla flora e la fauna, un’oasi verde nel cuore della città in cui le opere si integrano in perfetta sintonia con la natura che le circonda. Purtroppo abbiamo notato un’incuria degli animali tenuti in gabbie strette.

Poco a sud di Catanzaro si trova il bel sito archeologico di Scolacium con i resti della grande basilica, un teatro, il cimitero immerso tra ulivi e piante di fichi. All’ingresso del parco si trova un punto ristoro con prodotti tipici gastronomici da degustare sul posto o portare a casa. Potete ordinare un Bergotto, una bevanda gasata al bergamotto che si trova in tutta la Calabria, ma che la gentile proprietaria ci ha allungato con acqua, limone e menta, così da risultare meno zuccherata. Da alcune parti potete trovare anche il succo di Bergamotto 100%.

Prima di cena ci concediamo un giro per il bellissimo centro di Catanzaro. Il Teatro Politeama, di recente costruzione, è un particolarissimo edificio che mi ha molto colpita. Ceniamo alla Locanda C’era una Volta ristorante a conduzione familiare. Appena arrivati ci servono delle bruschette con patate e pipi, ovvero patate e peperoni saltati in padella. Io opto per un primo di paccheri al sugo di melanzane e pistacchi, un binomio davvero incredibile. Come secondo ordiamo il morzello di baccalà, un piatto tipico della zona, una variante a quello più celebre con carne al sugo, servito nella pitta dalla classica forma tonda. Ho espresso il mio entusiasmo per la bontà del pane integrale casereccio portato a tavola e la proprietaria non ha perso tempo incartandomelo per poterlo portar via. Considerate che è rimasto fresco per giorni e l’ho utilizzato per il resto della vacanza! In Calabria servono quasi sempre del pane casereccio a tavola, basta sentire il profumo del lievito madre per capire di essere nel posto giusto.

La mattina seguente ci rimettiamo in cammino verso sud, passiamo da Stilo per una visita al bellissimo paesello e alla famosissima Cattolica, chiusa momentaneamente al pubblico e così ci consoliamo con un’ottima granita al Bergamotto trovata nel Chiosco Bar “La Cattolica” davanti all’ingresso del Parco. Potete anche fare la doppietta di gelato e granita al bergamotto, considerate che il gelato contiene latte. Qui ci sono in vendita tantissimi prodotti al bergamotto, dalle essenza curative, alla cosmesi, chiedete consiglio alla gentilissima proprietaria. Ottimo anche per una pausa pranzo con bruschette e panini. Alla Cattolica siamo tornati al tramonto dopo aver fatto un giro per il colorato museo a cielo aperto Musaba creato dall’egocentrico Nik Spatari e sua moglie, insolito ma da vedere. Caso vuole che dopo 2 giorni dalla nostra visita i giornali riportavano notizie della sua morte in un incidente stradale. Oltre alla visita al museo potrete fermarvi a Mammola per provare lo Stocco di Mammola, una ricetta di pesce della tradizione povera contadina: merluzzo lavorato in modo artigianale con acqua di sorgente e abbinato a pomodori, peperoncini, cipolla di Tropea, olive, patate e olio extravergine. E’ possibile gustarlo crudo in insalata. Potete trovare questa prelibatezza alla Taverna del Borgo. Vi segnalo un locale suggerito dalla mia amica calabra, Alessandra, ma dove non abbiamo trovato posto. Il ristorante La Collinetta a Martone propone un viaggio nei sapori di Calabria, ma se avvisati con anticipo possono farvi gustare prelibatezze senza glutine e vegane.

Passiamo a far visita al borgo di Gerace per pranzo e ci fermiamo alla trattoria A squella, un vecchio frantoio che conserva ancora all’interno vecchie macine a pietra. Cominciamo con un piatto di antipasti che abbiamo condiviso, ricco di ricette tradizionalmente vegane: insalata di ceci, pomodori e cipolle, bruschetta con patè di pomodori secchi, melanzane sottolio, zuppa di borlotti ed erbette. Nell’antipasto ci sono anche zeppoline con acciughe, frittata con erbette oltre ai tipici salumi e formaggi. Ho provato una pasta tipica che non conoscevo, la stroncatura [qui link alla mia ricetta], preparata con farina di grano duro, integrale e segale. Veniva utilizzata in passato per recuperare la farina e la crusca che si trovava a terra dopo la macinatura. In seguito questa pasta fu vietata per la mancanza di norme igieniche in fase di raccolta ma oggi è tornata sulle tavole a prova di legge. La ricetta classica prevede di servirla con pomodorini, acciughe, olive, capperi e mollica. Davvero deliziosa! Dopo pranzo ci siamo dedicati alla visita del bellissimo borgo di Gerace, fate caso alle numerose piante di capperi che escono dai muri in pietra del paese.

Siamo poi arrivati a Locri, una tipica località di mare dove abbiamo pernottato e dopo un bagno al tramonto abbiamo trovato un pub molto tranquillo dove cenare. Officinapab ha un cortile con verdi piante e un piccolo orticello di piante aromatiche, offre scelte vegetariane e vegane, come il burger, le polpette di melanzane, patate e peperoni, la caponata, il tris di bruschette, il cous cous di verdure e i  falafel che ho mangiato io; inoltre si può bere della buona birra. Un posto semplice e accogliente.

La mattina del nono giorno ci rimettiamo in viaggio e passiamo per la Costa dei Gelsomini e ci fermiamo a Capo Bruzzano per un bagno nelle sue stupende piscine naturali e a Capo Spartivento. Su queste coste, ai piedi del Faro Militare, nidifica la tartaruga Caretta Caretta, grazie anche al lavoro di Life Caretta, che tutela la specie e sensibilizza gli abitanti alle buone pratiche per la sua salvaguardia. Ci dirigiamo verso la punta dello stivale con tappa a Melito di Porto San Salvo, che sarà la nostra base per qualche giorno. Da qui parte un’esplorazione di quest’area grecanica che si trova nel basso Aspromonte e dalle sue cime scende fino al mar Jonio. In quest’area si trova ancora una cultura ellenofona delle popolazioni magno-greche e bizantine, visibile nelle iscrizioni dei luoghi delle città e nella gastronomia, il cui simbolo rimane la lestopitta. In zona sicuramente da vedere i Calanchi Bianchi di Palizzi, visibili dalla strada. Un sito d’interesse comunitario composti da un terreno argilloso, che il tempo ha trasformato in uno spettacolo molto simile a quello della Cappadocia in Turchia. Al tramonto finiamo la nostra giornata a Pentedattilo, un paese arroccato sotto una rupe con la forma di 5 dita. Il paese è stato abbandonato per timore che la roccia franasse, ma oggi è stato recuperato grazie all’attività di piccoli artigiani che hanno aperto qui le loro botteghe. In paese c’è un piccolo ristorante e case diffuse dove poter alloggiare. Si possono visitare i ruderi del castello mentre resta ancora intatta la chiesa madre. Da qui un breve percorso sterrato e sabbioso porta ad una piacevole camminata tra ulivi e fichi d’india: se lo volete percorrere vi consiglio di attrezzarvi di scarpe da trekking e borraccia.

Tornati a Melito, devo ammettere che non è stato facile trovare un posto dove cenare in paese perché quasi tutti i locali hanno un menù fisso e non dispongono di sito web e menù consultabile online. Ci accomodiamo all’esterno dell’Osteria Turioleddu nella zona vecchia e con mia grande sorpresa iniziano a portare dei piatti da condividere. Scopro che anche questo ristorante propone menù fisso, non specificato al telefono e nemmeno al nostro arrivo. Nonostante ciò trovo il modo per cenare, assaggio la loro buonissima Lestopitta, definita simbolo della gastronomia agro-pastorale. Si tratta di un pane sottile, una sorta di focaccia di solo farina, acqua, sale e olio che viene fritta e gustata calda, davvero ottima. Dopo la parmigiana di melanzane, il tortino di alici è il mio turno con degli strozzapreti al ragù di melanzane, poi  ho assaggiato degli involtini di pesce spada. Indovinate chi si è ingozzato anche della mia parte? Abbiamo anche chiesto la doggy bag. Insomma un locale ottimo per gli onnivori, piatti molto buoni e si mangia fino a scoppiare con 25 euro a testa.

Il giorno seguente decidiamo di dedicarci ad una visita sull’Aspromonte. Saliamo a Gambarie, una località montana super turistica a Santo Stefano in Aspromonte,  con piste da sci invernali ed estive, strutture ricettive, alberghi, stand gastronomici. Da qui partono tanti sentieri che potete scoprire chiedendo il volantino con le informazioni all’info point in centro. Noi ci siamo inoltrati nel bosco seguendo il sentiero delle Fate. Se riuscite vi consiglio di fare tappa a Montalto per una camminata breve fino alla vetta più alta del Parco dove si trova la statua del Redentore a 1955 m di altezza.

Ripartiamo con il nostro giro scendendo e avventurandoci sulla carrareccia che porta a Roghudi Vecchio, un paese completamente abbandonato già a partire dagli anni ’70 a causa di un’alluvione. L’ultimo abitante è morto nel 2015, ma sembra che qualcuno viva ancora in una delle case. La strada per arrivare al paese è di difficile percorrenza, sterrata e ripida e in alcuni tratti sembra essere franata. Ma tutta la fatica è ripagata dalla visita al borgo e dal mistero che lo avvolge. Qui il tempo si è fermato ma sembra anche che qualcuno si diverta a costruirvi un perfetto set per i turisti curiosi. Sulla strada verso Bova ci fermiamo per una sosta alla Rocca del Drago e alle Caldaie del latte, un geosito molto particolare sulla cui origine aleggia un’antica leggenda. Ci siamo ritrovati nel bel mezzo della natura selvaggia, con il rumore lontano dello scampanare delle caprette al pascolo e un falco che volava sopra le nostre teste.

La nostra ultima meta della giornata è stata Bova, un piccolo gioiello etno-architettonico della Calabria grecanica, testimoniato anche dal Museo della Lingua Greco-Calabro. Un paesino in cima ad una montagna da cui domina il bellissimo castello. Dalla strada di Roghudi riusciamo a scorgerlo in lontananza. Bova tramanda un’antica tradizione agro-pastorale che ri-scopriamo grazie al Sentiero della civiltà contadina, un museo a cielo aperto lungo i vicoli del paese che mostra macine a pietra, abbeveratoi per animali, torchi per le olive e torchi per estrarre le essenze del bergamotto. Ci fermiamo per la cena Al Borgo, meglio conosciuto come Degustazione al Borgo di Marcello Mafrica. La specialità è la Lestopitta in diverse varianti, anche un paio vegane: semplice e con pomodorini secchi. Noi decidiamo di provarla nell’antipasto. Attenzione perché un antipasto è più che sufficiente per due persone! In ordine sparso hanno portato: frese con pomodorini (deliziose), fagioli rossi con menta e peperoncino (una vera scoperta), verdure in pastella, mini lestopitta, verdure alla griglia, frittata, oltre a n’duja e salumi e formaggi vari. Se siete onnivori non fateveli scappare. Ordiniamo anche un primo: maccheroni calabresi di pasta come sempre preparata in casa con un sugo di funghi e pomodorini. All’interno del locale trovate anche una bottega con i prodotti locali. Io ho trovato un patè di aglio squisito e molto delicato.

L’undicesimo giorno lo dedichiamo alla costa tirrenica, chiamata Costa Viola per le tonalità del mare di un blu intenso, quasi violaceo. Prima tappa Scilla, località turistica che si affaccia sullo stretto di Messina. Dal castello Ruffo dalle cui mura scendo verdi piante di capperi, si possono ammirare chiaramente Messina e l’Etna. Tra le mura si trova anche un piccolo museo che mostra la storia della pesca e la grande biodiversità marina delle coste calabresi. A nord del castello sorge il piccolo borgo marinaro di Chianalea, famoso per la pesca al pesce spada. A questo punto non possiamo non assaggiare la specialità della zona, il panino con il pesce spada. Il Civico 5 a Chianalea riprende la tradizione del pesce spada arricchendola di nuovi gusti e sapori: ciabatta con pesce spada fresco grigliato condito con il salmoriglio (olio evo, origano, sale e limone) nella versione più classica. Mentre attendete il vostro panino potete fare un giro tra le viuzze di questo piccolo e affollatissimo borgo.
Un bagno nello stupendo mare blu di Scilla e ripartiamo alla volta di Reggio Calabria. Ricordatevi di prenotare con largo anticipo per vedere i Bronzi di Riace perché noi siamo rimasti a bocca asciutta. Il centro storico di Reggio è stupendo e lo perlustriamo con attenzione concedendoci una pausa con granita al bergamotto. Poi scendiamo verso il lungomare. Lo sapete che il lungomare di Falcomatà è chiamato il chilometro più bello d’Italia? Devo dire che la passeggiata merita davvero, sia per gli stupendi alberi, palme e ficus Magnoloide che caratterizzano il viale, sia per le scultura di Rabarama, un’artista di grande talento, a me sconosciuta fino a questo momento. Erano invece ancora in corso i lavori per la nuova installazione Edoardo Tresoldi. Una volta arrivati alla fine del lungomare, non lasciatevi scappare un gelato al chioschetto da Cesare, dove potete trovare opzioni vegane: oltre alla frutta a km0 e stagionale come fico d’india e Mango di Catone, anche pistacchio, nocciola e fondente.

La sera ci fermiamo a cena dal nostro amico Gabriele a Bova Marina. Sua mamma Jole ci prepara un ricco menù: pasta fritta al sugo, taccole alla mediterranea, melanzane ‘mbuttunate (senza formaggio per me), crema di ceci piccantina, zucchine alla scapece, paté di olive, melanzane sottolio e le sarde pescate da suo cugino il giorno stesso.

La mattina del dodicesimo giorno, ripartiamo da Melito e dopo una breve visita alla mia amica Alessandra di Reggio Calabria, ci dirigiamo a pranzo dal suo amico Marcello, proprietario di uno dei ristoranti più famosi di Calabria. Per trovare posto abbiamo dovuto prenotare con 5 giorni di anticipo. Quindi risaliamo sull’Aspromonte verso Cardeto. Vi assicuro che la deviazione vale tutta la vacanza. Il Tipico Calabrese nasce da un progetto ambizioso con l’obiettivo di ridare vita all’artigianato locale e si trasforma nel tempo in una delle più famose osterie di Calabria, o meglio è una museosteria. Si pranza praticamente in un museo di arte contadina con il sottofondo di tarantelle calabresi. Marcello è un oste delizioso e ci ha raccontato tutta la loro storia. In origine il locale era solo un museo ma i visitatori spesso chiedevano di poter assaggiare prodotti tipici locali come salumi, formaggi e vino e da qui la moglie ha avuto l’idea di aprire un ristorante. In cucina infatti si trovano la moglie e la mamma di Marcello, insomma decisamente tutto a conduzione familiare. Ambiente caldo e accogliente, oltre ad un servizio da 10 e lode. Una lavagnetta riporta: “la Coca cola non è mai stata portata ai tavoli”. Iniziamo il nostro viaggio gastronomico con pane casereccio di tre tipi, ai semi, integrale e di grano duro. Tra gli antipasti della casa ho provato olive, giardiniera di portulaca, peperoni dolci, parmigiana di melanzane, giardiniera di zucchine, fagiolini e basilico e delle ottime polpette di melanzane. Andrea era estasiato anche dei salumi e formaggi, alcuni davvero particolari. E come primo? Un gigantesco piatto di maccheroni preparati in casa con ciò che regala l’orto, in questo caso con zucchine, fiori di zucca, scaglie di mandorle, aglio e basilico: il condimento è più della pasta, proprio come piace a me! Per sazietà decidiamo di saltare entrambi il dolce, ma ci lasciamo convincere da Marcello ad assaggiare i suoi dolcissimi fichi. Qui spesso le persone vengono per mangiare salumi e formaggi, ma se siete vegani chiedete e vi sapranno accontentare con degli ottimi prodotti del loro orto. A pranzo terminato, abbiamo fatto visita al piccolo museo sopra al locale, dove si trovano altri oggetti tipici della Calabria dell’epoca e con nostra grande sorpresa scopriamo che Marcello è un appassionato di strumenti musicali antichi.
Questi sono i luoghi che amo. Per me andare al ristorante non è soltanto una questione legata al cibo, ma si tratta di cultura culinaria che si intreccia con quella contadina e delle tradizioni del luogo, di un borgo e di un Paese. Sono le esperienze vissute delle persone che portano in tavola la propria storia e la raccontano con il cuore, attraverso i sapori.
Grazie di cuore al Tipico Calabrese, per me è stato un onore essere vostra ospite.

Felici e satolli ripartiamo verso nord e facciamo tappa a Nicotera, il paese di origine della mia carissima amica Luisa. Dopo 24 anni che sentivo parlare di questo posto non potevo non visitarlo. La sosta di questo piccolo borgo merita anche per la bellissima vista che si apre sulla Piana di Gioia Tauro.
In serata arriviamo nell’affollata Tropea. Fortunatamente alloggiamo a pochi km a Casita Gioja, un bed & breakfast immerso nella campagna, dove gli unici rumori che si avvertono sono quelli dei ghiri che girano sugli alberi e sul tetto di casa. Vi segnalo questo B&B perché è uno di quei posti dove ci siamo trovati bene grazie alla calda accoglienza dei proprietari, nostri coetanei, e soprattutto per la natura che circonda la grande casa.

La mattina seguente ci dirigiamo verso le grotte di Zungri, un piccolo villaggio rupestre, unico in Calabria, che ci riporta con la mente alla nostra vacanza in Turchia, a Goreme in Cappadocia. All’interno dell’area c’è anche un museo contadino che racconta attraverso delle fotografie la vita misera dei contadini della zona. Le stanze sono colme di strumenti da lavoro e in una di queste è stata ricreato l’interno di un’abitazione dell’epoca con tutti gli oggetti d’uso quotidiano. Usciti dal sito di Zungri, mi fermo a fare una chiacchierata con una signora anziana che stende i pomodori al sole.
La nostra mattina prosegue con la ricerca di qualche spiaggetta non troppo frequentata. La spiaggia di Zambrone è presa d’assalto e non riusciamo a parcheggiare l’auto. Quindi proseguiamo per mete meno ambite ma altrettanto affascinanti. Decidiamo di fermarci alla Baia delle Sirene di Briatico, e lasciamo l’auto in un ampio parcheggio gratuito. Arrivati sulla spiaggia troviamo anche una porzione di ombra per sopravvivere al caldo torrido di mezzogiorno. La sabbia è fine e il mare pulitissimo. Dopo un paio di ore riprendiamo l’auto per fare qualche foto alla spiaggia la Torretta di Briatico. Poi proseguiamo verso la prossima meta: la chiesetta di Piedigrotta. Dopo esser stati rapinati per un parcheggio a 5 euro, percorriamo una scalinata che scende verso la spiaggia. Proprio di fronte alla spiaggia si trova l’ingresso alla chiesa scavata nella roccia di tufo con gruppi scultorei ricavati da quella stessa roccia. La chiesetta è frutto del lavoro di un padre e un figlio che hanno dedicato la propria vita alla creazione di questa incredibile meraviglia. Risaliamo in auto e andiamo in direzione Pizzo Calabro per una visita al paese e soprattutto per provare i famosi dolci tartufi, tanto decantati in tutta la Calabria. Nella piccola via centrale del paese, le gelaterie si contendono il primato del miglior tartufo di Pizzo. Il tartufo è un gelato alla nocciola spolverato di cacao, preparato a mano come fosse un’arancina e al cui interno si nasconde un cuore scioglievole di cioccolato. Noi abbiamo provato il tartufo della Gelateria Ercole, che propone alternative al classico tartufo nero, come quello bianco o al pistacchio. Immaginate il mio volto estasiato quando il cameriere mi ha detto che potevano prepararmi un tartufo con nocciola e cioccolato senza latticini preparati con la bevanda vegetale di riso. Mi sono concessa il mio gelato e l’ho gustato molto lentamente sperando non finisse mai!
Caricati dall’energia del cioccolato ci siamo rimessi in marcia. Abbiamo quindi terminato la rapida visita a Pizzo e siamo tornati all’auto per dirigerci a Vibo Valentia, per l’ultima passeggiata del giorno nel piccolo centro del bellissimo capoluogo di provincia. Abbiamo ammirato l’inquietante portone della chiesa Madre, percorso il viale alberato che costeggia la villa e ci siamo diretti in salita al Castello Svevo Normanno. Da quassù si possono ammirare le Serre e il suo parco, che purtroppo non abbiamo avuto il tempo di visitare.
Terminata la visita scendiamo per un ultimo bagno al tramonto a Vibo Marina dove ci fermeremo per cena al ristorante di pesce Maria Rosa.

Il penultimo giorno di vacanza lo dedichiamo interamente al mare e alla scoperta di quelle che saranno per noi le più belle spiagge della Calabria. Ci lasciamo consigliare da Elisabetta di Casita Gioja mentre facciamo una dolce colazione con frutta fresca e torte casalinghe.
Quasi tutte le spiagge citate di seguito prevedono delle brevi camminate da affrontare con un minimo di dislivello, se avete intenzione di fermarvi in queste spiagge vi consiglio di portarvi tanta acqua e cibo. Come prima tappa scegliamo la spiaggia Salamite di Capo Vaticano, a cui si accede tramite il sentiero del Capo, indicato per escursionisti esperti e percorso da molti in infradito. Dall’alto del sentiero si può scorgere la più famosa e turistica spiaggia delle Grotticelle di Ricadi. Purtroppo il vento e il mare agitato non permettono la sosta prolungata e così ripartiamo alla ricerca  della spiaggia Nascosta anche conosciuta come la spiaggia di Gaiuzzo, sicuramente la più difficile da trovare, in località Santa Domenica. Si parcheggia in mezzo alle case, si passa sotto un piccolo ponte, si costeggia una vecchia discoteca abbandonata e si scende lungo un sentiero per raggiungere questo paradiso. L’ho decretata la mia spiaggia preferita per il suo aspetto selvaggio, riparata in parte dal sole sotto una scogliera di roccia bianca erosa dal vento e l’acqua è cristallina.  Sul finire della giornata ci spostiamo alla più frequentata spiaggia Michelino a cui si accede tramite una bella e lunga scalinata. Una volta arrivati, ci è bastato camminare un po’ sulla sabbia e scavalcare qualche roccia per trovare un po’ di privacy.
Abbiamo concluso la giornata con la visita al Santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea. Salendo al santuario si può godere di una bella vista sulla città e sull’affollata spiaggia del Convento, una delle più frequentate dai turisti e dai giovani.
Per altre spiagge vi lascio il link del Touring delle spiagge più belle della Calabria, anche se purtroppo alcune di queste sono raggiungibili solo con accesso dal mare.

Tropea è una delle città più frequentate che abbiamo visitato, bellissima località di mare e piccolo gioiello della Calabria.
E’ conosciuta in tutto il mondo per la sua preziosissima cipolla. Concludiamo la giornata all’Osteria del Pescatore, un locale che si trova in una viuzza molto caratteristica dietro la Cattedrale. A Tropea non è semplice trovare un ristorante di qualità tra le tanto proposte “turistiche”, ma l’Osteria del pescatore ci conquista per la scelta di valorizzare i prodotti del territorio provenienti da aziende della zona. Il menù offre principalmente piatti di mare, ma anche proposte della tradizione calabrese naturalmente vegane e vegetariane, come la cipolla di Tropea in agrodolce, la caponata di melanzane e l’insalata Tropeana con lattuga, pomodori, olive e cipolla. Noi abbiamo assaggiato la stroncatura con alici, i fusilli tropeani ai frutti di mare, e i contorni che ho citato prima.
Per una cena gourmet mi ero appuntata Pimm’s, annoverato tra i ristoranti del Buon Ricordo in Calabria e Koes street food per uno spuntino a base di pesce.

Il mattino dopo con tristezza salutiamo i ghiri e lasciamo Casita Gioja, siamo tristi perchè sappiamo che la nostra vacanza sta per concludersi.
Dopo aver percorso in lungo e in largo la Calabria, il nostro viaggio termina a Diamante, una famosa località di mare in cui ci fermiamo per vedere i Murales che spuntano ad ogni angolo e donano colore e vivacità al borgo vecchio. Avrei voluto mangiare la pitta di Mizzica, un locale che offre street food locale, purtroppo essendo domenica lo abbiamo trovato chiuso. Lasciamo anche Diamante e in serata siamo già lontani dalla Calabria. Ci consoliamo guardando il bagagliaio della nostra auto, pieno delle prelibatezze che abbiamo acquistato durante questo intenso e meraviglioso viaggio al sud.

In conclusione spero che i miei consigli di viaggio vi invoglino nell’intraprendere un fantastico viaggio alla scoperta della Calabria e vi aiutino nell’organizzare le vostre tappe. Per me è stato un bellissimo viaggio culturale, gastronomico, a contatto con la natura e con le tradizioni dei luoghi che abbiamo attraversato. Una di quelle vacanze che difficilmente si dimentica, uno di quei viaggi che porterò sempre nel cuore.

 

 

 

 

Iniziamo con un approfondimento sugli zuccheri e sui dolci della dottoressa Nutrizionista Monica Ceccon che ci offre indicazioni dal punto di vista nutrizionale ma anche emozionale.

Il “dolce” è un argomento delicato da trattare perché non si parla solo di alimentazione, ma di qualcosa che ha un legame molto forte con la sfera emotiva. Il dolce è infanzia, festeggiamento, tradizione, ricompensa, consolazione, conforto.

Lo zucchero non è di per sé un alimento indispensabile per la salute, nel senso che si può vivere anche solo con carboidrati complessi (amido) e frutta. È utile integrare con alimenti molto dolci in caso di ipoglicemia improvvisa (il “calo di zuccheri”) o per mantenere la performance durante un’attività fisica intensa e prolungata nel tempo. Però l’uomo ha una innata propensione per il gusto dolce, probabilmente perché identifica una categoria di alimenti non tossici, associati invece al sapore amaro, e ottima fonte di energia.

È necessario ridurre il dolce o no, di quanto e con cosa possiamo sostituire lo zucchero? Dovremmo tutti stare attenti a non eccedere con gli zuccheri perché un loro introito elevato aumenta il rischio di prendere peso e quindi di mettere a rischio la propria salute. A tal proposito, il dolce aggiunto non dovrebbe superare il 10%, meglio il 5% delle calorie assunte durante la giornata.

Discorso a parte per la frutta, che essendo un alimento ricco di vitamine e fibre, risulta comunque salutare nonostante apporti degli zuccheri semplici. A proposito di frutta, attenzione: non è che “perché è frutta fa sempre bene”. Bisognerebbe stare tra un frutto e tre frutti al giorno. Oltre al rischio di ingrassare, un consumo continuo di dolci potrebbe avere anche un impatto negativo sulla flora batterica intestinale e inoltre provoca picchi glicemici in continuazione, per cui si ha l’effetto che “zucchero chiama zucchero”.

Se a questo si aggiunge che il dolce nell’encefalo attiva i circuiti del sistema limbico del piacere, creando una situazione di dipendenza che ha tratti in comune con alcune sostanze d’abuso, è facile cadere in un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Chi ha bisogno di porre particolare attenzione al carico glicemico dei propri pasti, quindi che ha problemi di diabete, colesterolo, tumori, alcuni disordini endocrini e autoimmuni, dovrebbe stare particolarmente attento al consumo occasionale dei dolci e conoscere gli alimenti con minor indice glicemico e carico glicemico.

Purtroppo non esiste un dolce “sostitutivo” che possa essere usato come alternativa sana allo zucchero bianco. La strada giusta è quella di ridurre pian piano lo zucchero aggiunto alle pietanze in modo da abituare il gusto ad un sapore meno dolce. Allora basterà molto meno zucchero per essere ugualmente appagati dalla dolcezza del prodotto.

Lo zucchero di canna più o meno integrale è saccarosio tanto quanto lo zucchero bianco. A livello nutrizionale quindi non c’è nessuna differenza tra l’uno e l’altro. Il miele ha proprietà lenitive, contiene enzimi ed è un ottimo prodotto, ma è una miscela di glucosio e fruttosio, gli stessi zuccheri che legati insieme formano il saccarosio, nome biochimico del comune zucchero. Sostituirlo allo zucchero non fa del dolce un dolce “più sano”. I dolcificanti anche devono essere intesi come un prodotto da usare saltuariamente in caso di problemi di glicemia o se non bisogna eccedere con le calorie. È purtroppo facile giustificare il loro uso “a cuor leggero” in virtù delle poche calorie, tuttavia è un errore da non fare perchè su modelli animali i dolcificanti perturbano il microbiota, cioè la flora batterica intestinale, predisponendo ugualmente alla sindrome metabolica.

Meglio allora consumare poco zucchero, e gustarlo nelle giuste occasioni conviviali.

Le ricette che vi proponiamo usano dolcificanti alternativi come frutta, frutta cotta, farine speciali e alimenti naturalmente dolci. È possibile che per apprezzarli si debba iniziare a disabituare il proprio palato ad un gusto particolarmente dolce, perché non sono tanto dolci come invece lo è la pasticceria tradizionale. Il lato positivo è che meno zucchero viene aggiunto agli alimenti, più è possibile apprezzare il gusto naturale degli altri ingredienti.

tabella degli zuccheri
Tabella degli zuccheri di Monica Ceccon

 

Proprio questa capacità dello zucchero di nascondere gli altri sapori è usata dall’industria alimentare per aumentare la palatabilità dei propri prodotti. Bisogna stare attenti quindi a leggere bene le etichette degli alimenti confezionati perché è probabile che vi sia dello zucchero aggiunto, anche se il prodotto che si sta acquistando non è dolce. Tutte le parole che finiscono in “-osio” indicano uno zucchero. Quindi glucosio, destrosio, fruttosio, lattosio, maltosio ecc … sono tutti diversi tipi di zucchero presenti nel prodotto. Altro elemento a cui fare attenzione leggendo un’etichetta è l’ordine in cui sono presentati gli ingredienti. Il più abbondante sarà il primo, il meno abbondante l’ultimo. Se lo zucchero si trova in fondo alla lista degli ingredienti siamo certi che ce n’è poco, altrimenti no. La tabella fa un riassunto degli zuccheri più comuni con note, carico glicemico e indice glicemico.

Approfondimento della dott.ssa Monica Ceccon, Biologa Nutrizionista. Visita il sito www.monicaceccon-nutrizionista.it 

PREPARIAMO DOLCI NATURALI
Di seguito vediamo alcuni ingredienti della pasticceria naturale per cercare di utilizzarli al meglio nella preparazione dei dolci naturali.

E’ necessario prestare molta attenzione alla qualità degli ingredienti che utilizziamo nei nostri dolci perché la qualità garantisce sapori più intensi.
Questo ci permette di utilizzare una quantità minore di zucchero per ottenere un risultato gradevole al palato.

Dovrete allenare il vostro palato a dei nuovi sapori.
Si inizia eliminando gli zuccheri aggiunti dalle bevande e poi si continua diminuendo la percentuale di zuccheri dai dolci. Un 10% di zuccheri calcolato sul totale del peso degli ingredienti è più che sufficiente.
Nelle ricette che preparate, sostituite lo zucchero con dolcificanti a basso indice glicemico.
Cercate di mangiare i dolci occasionalmente.
Se avete voglia di un gusto dolce, la frutta fresca o cotta è sempre la migliore soluzione.

 

DOLCIFICANTI NATURALI
La cucina naturale offre tante alternative all’uso dello ZUCCHERO. Di seguito vedremo come dolcificare con zuccheri presenti nella frutta e altri ingredienti naturali.

I GRASSI

LE FARINE

VARIE

 

GLI ADDENSANTI

Poiché l’amido di mais ha un indice glicemico molto alto è preferibile utilizzare altri addensanti.

Nel mio blog inoltre trovate tantissime ricette di dolci naturali, mie e di altre bravissime Chef.
Non vi resta che scoprirle [link].

Trovate qui il link alle ricette preparate durante la diretta Facebook.

Crostata con frolla di Rata Tuja e crema pasticcera di mele con frutta

Dolce crostata

Crostata con frolla di Franco Berrino e crema di pere e cioccolato

Crostata di Berrino con crema di pere al cioccolato

Mousse di frutta fresca

Mousse o sorbetto di fragole

Qui un approfondimento della dottoressa Nutrizionista Monica Ceccon che ci offre un importante spunto di riflessione.

Dopo la colazione e i primi piatti, eccoci a parlare dei secondi piatti. Abbiamo scelto di dedicare una diretta a un gruppo di alimenti eccezionali ma spesso dimenticato: i legumi. Che questo gruppo comprenda. piselli, ceci, lenticchie, fave, fagioli, cicerchie e soia, è noto. È un po’meno noto che anche arachidi, taccole e fagiolini sono legumi. Hanno tuttavia caratteristiche nutrizionali particolari, perché le arachidi sono molto ricche di grassi (caratteristica della frutta a guscio) rispetto ai legumi, ma molto più proteiche (caratteristica dei legumi) rispetto alla frutta a guscio. Nutrizionalmente è più corretto associarle alla frutta a guscio, proprio dato l’elevato contenuto di grassi. Taccole e fagiolini sono da considerarsi verdure perché hanno pochi carboidrati e poche proteine mentre sono ricche di fibre e acqua.
Ecco elencati 7 motivi per introdurre con una certa frequenza (anche 4 o 5 volte a settimana) i legumi nella nostra dieta:

1. Sono una fonte di proteine vegetali e se associate alle proteine dei cereali garantiscono una giusta quantità di proteine di alta qualità. L’introduzione di una quota di proteine vegetali di buona qualità in sostituzione alle proteine animali si associa ad una minore mortalità per diverse cause.

2. Ceci, lenticchie e fagioli sono anche una fonte di ferro, purchè vengano associati ad alimenti con vitamina C, che ne migliorano l’assorbimento: pomodori freschi, peperoni crudi, agrumi o succo di limone nell’acqua da bere. Se non si mangia troppa carne rossa, cosa raccomandabile, con i legumi si può sopperire al fabbisogno di ferro.

3. Gli alimenti vegetali sono più ecosostenibili di quelli animali: qualsiasi sia il regime alimentare che scegli, sia onnivoro, vegetariano o vegano, se è plant-based è più sano e più ecologico.

4. Sono poco calorici e tanto sazianti, quindi sono preziosi per prevenire sovrappeso e obesità

5. Le loro fibre e i loro carboidrati sostengono il proliferare di una flora batterica benefica per la salute: sono dei prebiotici naturali.

6. Sono buoni, tradizionali ed economici: poca spesa, tanta resa!

7. Sono versatilissimi e possono essere usati per primi piatti, zuppe, burger, polpette e polpettoni, mousse o insalate fredde. Non è vero che ci si fanno solo le minestre d’inverno, sono buoni in ogni stagione!

I legumi sono però anche ricchi di sostanze anti-nutrienti, che ci impediscono di sfruttare a pieno le loro splendide proprietà. Per questo devono essere “neutralizzate” seguendo alcuni semplici accorgimenti, che elenco di seguito: ammollare adeguatamente i legumi secchi e cuocerli sempre, decorticarli o consumarli germogliati o fermentati.
Per quanto riguarda i noti e sgradevoli effetti collaterali, in realtà anche per quelli c’è la soluzione, anzi più di una: rimuovere la buccia esterna, che è la responsabile della fermentazione intestinale, acquistando i legumi decorticati o passandoli al passaverdura. Attenzione che i decorticati, pur tenendo la stessa quota di proteine di quelli interi, perdono in Sali minerali. Spesso il gonfiore è dovuto al fatto che la flora batterica non è adeguata per gestire queste fibre, quindi va gradualmente abituata ingerendo piccole quantità di legumi ogni giorno o quasi. Anche scegliere legumi di piccola taglia è d’aiuto, perché spesso la buccia è più sottile e quindi da meno fastidio.
E i legumi in scatola? Diciamo che è bene usarli per le emergenze, preferendo il barattolo di vetro a quello di latta e assicurandosi che non ci siano zuccheri aggiunti tra gli ingredienti. Sciacquarli bene prima dell’uso. Per ovviare ai lunghi tempi di cottura dei legumi secchi e ai lunghi tempi di sgranatura di quelli freschi, è bene sapere che questi possono essere preparati in quantità e poi congelati, per averli pronti quando si ha meno tempo di cucinare. L’uso della pentola a pressione dimezza il tempo di cottura, ed è un metodo validissimo di cucinarli.

• Mingyang Song et al, JAMA Intern Med. 2016 October 1; 176(10): 1453–1463.
• Willet et al, Lancet 2019; 393: 447–92

Approfondimento della dott.ssa Monica Ceccon, Biologa Nutrizionista. Visita il sito www.monicaceccon-nutrizionista.it 

I suggerimenti di Vita da Sani

Per ridurre i noti fastidi provocati dai legumi è importante metterli sempre in ammollo. Un buon metodo può essere quello di metterli a bagno la sera prima della cottura con una o due foglie di alloro, o 2 cm di alga kombu. Ricordatevi che il bicarbonato permette solo di rendere più morbida la buccia del legume, ma non aiuta contro il gonfiore. L’alga kombu contiene acido alginico che aiuta il transito intestinale dei legumi. L’alga kombu è anche un ottimo insaporitore, ma attenzione perché contiene molto iodio, ed è quindi sconsigliata a chi soffre di problemi alla tiroide o ha subito trattamenti chemioterapici. Qui sotto trovate una semplice tabella che vi aiuta  con i tempi di ammollo e cottura. Per i lunghi ammolli, come per i ceci, ricordate di cambiare l’acqua almeno un paio di volte e metteteli in cottura con acqua fresca. Quindi cercate di organizzare i vostri pasti con anticipo. I legumi devono essere salati sempre 5 minuti prima della fine della cottura, altrimenti rischiate che si disfino. Una volta portato a bollore, eliminate la schiuma in superficie. Seguendo queste procedure, vi assicuro che i vostri fastidi intestinali si dimezzeranno. In primavera trovate piselli e fave freschi, a fine agosto e settembre i fagioli borlotti freschi. ma ricordatevi che i legumi freschi non hanno bisogno di ammollo e cuociono in 10/20 minuti circa, a seconda della  loro preparazione.

 

 

Il ricettario “Fast Food” di Betti Taglietti [link], gastronoma laureata in in Tecniche Erboristiche e in Biologia applicata alle Scienze della Nutrizione, descrive un metodo molto pratico per cucinare i legumi. La “non cottura” dei legumi prevede di mettere sempre in ammollo i legumi la sera prima, cuocerli come descritto sopra e una volta portati a bollore lasciarli cuocere con un coperchio per circa 20 minuti. Al termine spegnere e coprire con una coperta e tenere al caldo. La sera riprendere i legumi, salarli e scaldare l’acqua per far sì che il sale venga assorbito.
Per la conservazione lasciateli in frigo con la loro acqua di cottura oppure surgelateli. Un altro metodo di conservazione è la cottura angelica, cioè cuocere i legumi direttamente in vasi sterilizzati ed ermetici. Potete anche surgelare i legumi in monoporzioni, oppure scolarli dalla loro acqua e surgelarli separatamente su un vassoio, per poi metterli in un sacchetto di plastica riutilizzabile.
Vi segnalo un progetto molto bello gestito da Betti Taglietti “Meno per più” [link], food policy per la ristorazione collettiva con lo scopo di migliorare la proposta di piatti a basso impatto ambientale, in scuole o aziende, una strategia necessaria per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

Nella sezione ricette trovate ricette semplici e sfiziose a base di legumi! Vi lascio qui qualche spunto e link alle ricette del blog.

Queste le ricette preparate durante la diretta sui legumi. Per chi se la fosse persa qui trovate il link

Burger di ceci

Farifrittata

Come già precisato nell’approfondimento sui carboidrati [link], i legumi abbinati ai cereali forniscono tutti gli amminoacidi essenziali. La tradizione del nostro paese ci offre tantissimi spunti, allora iniziamo con qualche ricetta di primi piatti della dieta mediterranea:

Risi e Bisi, pasta e fagioli, Ciceri e Tria, Pisarei e Fasò;

Tantissime sono le zuppe come i Ciccimmaretati del Cilento, quella di fagioli e castagne dell’Irpinia, il macco di fave siciliano o fave e cicoria pugliese,  e tra quelle etniche il Dahl di Lenticchie rosse;

Ci sono anche i burger di legumi, le cotolette di fagioli cannellini o i falafel della tradizione mediorientale;

e sempre della trazione mediorientale troviamo l’hummus di ceci, da sostituire anche con altri legumi.

Potete anche utilizzare le farine di legumi, come la farinata ligure o cecina toscana, la Maracucciata cilentana, la farifrittata cotta in padella.

E con i legumi possiamo creare delle ottime insalate di cereali e verdure.

Con i legumi potete preparare anche degli ottimi dolci, come dei brownies, la fagiottella (crema di fagioli cannellini, datteri e cacao), la marmellata giapponese Anko con i fagioli azuki e succo di mela.

Non avete più scuse, mangiate più legumi, fate del bene a voi e all’ambiente!!!

 

 

 

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